Il protocollo di legalità siglato tra il comune di Castelvetrano e la Prefettura di Trapani un paio di settimane fa, è nato da una strana abitudine: il comune non controllava le pratiche di inizio attività edilizie e commerciali, le cosiddette Scia.
E’ quanto emerge dalla nostra intervista con il dottor Salvatore Caccamo, presidente della commissione straordinaria dopo lo scioglimento per mafia.
Il protocollo (lo trovate qui), finalizzato a contrastare i tentativi di infiltrazione mafiosa nel settore dell’edilizia e dell’urbanistica nel comune, ha avuto anche l’apprezzamento della Procura della Repubblica di Marsala.
Sarà valido per cinque anni ed impegnerà il comune a richiedere alla Prefettura le informazioni antimafia in diversi casi, anche per le imprese esecutrici e per chi richiede il titolo edilizio sulle istanze di permesso di costruire quando gli interventi sono inferiori ai 2500 metri cubi.
Dottor Caccamo, questa sottoscrizione scaturisce da una scelta di carattere generale, oppure ha una sua origine precisa?
Appena insediati, abbiamo riscontrato che sulle Scia non si faceva alcun controllo: né documentale, né amministrativo sulla procedura. Il privato che la presentava, allegava le relative documentazioni e, dopo trenta giorni, diventava esecutiva col silenzio assenso.
Invece, per quanto riguarda l’urbanistica?
Ci siamo accorti che sul permesso a costruire, soprattutto per i convenzionati, piuttosto che curare l’interesse dell’Ente (quindi l’interesse pubblico) si privilegiava il titolare della concessione edilizia. In un permesso a costruire convenzionato, il soggetto che deve realizzare le opere di urbanizzazione deve anche cedere le aree previste dagli standard. Ebbene, l’ente in questo non aveva alcuna convenienza. In qualche caso, veniva concessa la possibilità di monetizzare le aree da cedere al comune. e si verificava che la monetizzazione non teneva assolutamente conto del valore del mercato.
Cioè, il comune comprava a meno rispetto a quanto avrebbe dovuto?
Proprio così, addirittura veniva utilizzata la stima attraverso il valore dell’Imu e dell’Ici, che chiaramente era completamente a favore del privato.
Dal momento che l’ente è stato sciolto per mafia, ci siamo chiesti se in questo meccanismo non ci fossero anche interessi diversi dal mero lucro. E da lì è nato il protocollo.
Non c’erano i controlli e, quindi, nemmeno le sanzioni?
Esatto. Anche perché il comune non aveva neanche un regolamento di sanzione, per cui non sono mai state applicate le sanzioni per l’abuso edilizio.
Egidio Morici