Eppure, l’infiltrazione nella massoneria era stata già intuita.
Ad accorgersene era stato lo stesso presidente della loggia Hypsas, il dottor Giuseppe Gioia.
E’ proprio nella sua loggia, a Castelvetrano, che aveva ottenuto il trasferimento Giuseppe Tuzzolino. E sempre nella Hypsas, in un secondo tempo, aveva fatto ingresso anche Carmelo Vetro.
Gli inquirenti parlano di un “tentativo da parte della Gran Loggia d’Italia di Agrigento di infiltrare in quella di Castelvetrano personaggi vicini a Cosa Nostra”.
E sarebbero state le dichiarazioni di Nicola Clemenza, dell’associazione antiracket Libero Futuro, a portare gli investigatori su questa strada. Dichiarazioni rese all’Autorità Giudiziaria che, nel novembre del 2015, lo aveva sentito come persona informata sui fatti.
Di Clemenza, che intanto ci ha fatto sapere di non appartenere più alla massoneria da almeno il 2013, abbiamo recentemente scritto in questo articolo.
Oggi, ribadendo ancora una volta che nell’operazione non è nemmeno indagato, essendo risultato molto lontano dalle dinamiche che abbiamo descritto in questi giorni, le sue dichiarazioni potrebbero essere molto utili.
“Fu il dottor Gioia ad informarmi, sorpreso e amareggiato – dichiara Clemenza - che il Tuzzolino era stato arrestato, esclamando con rabbia: ‘ma questi di Agrigento, non si informano sulle persone?’”.
Il punto sembra essere proprio questo: Tuzzolino faceva già parte della massoneria quando entrò nella loggia di Castelvetrano. L’attestazione della sua integrità morale l’aveva già fatta la loggia di Agrigento.
Ed è lo stesso Tuzzolino che, tra il 2014 ed il 2015, aveva parlato di una super loggia segreta che a Castelvetrano faceva il bello ed il cattivo tempo, fornendo ai magistrati diversi nomi. Tra questi, c’era quello dell’avvocato Vincenzo Salvo, del cognato commercialista Gaspare Magro e soprattutto quello di Giovanni Lo Sciuto.
Si tratta di nomi che, insieme ad altri, sono stati protagonisti dell’operazione Artemisia di cui abbiamo ampiamente parlato, dove all’ombra delle logge regolari, operava un comitato d’affari molto ben radicato anche nella pubblica amministrazione di Castelvetrano.
Adesso Tuzzolino è ai domiciliari, dopo una condanna per calunnia e senza più il programma di protezione, dopo essere stato definito un “bugiardo patologico” dal gip di Caltanissetta, perché aveva riferito di minacce che poi si erano rivelate false.
Su Carmelo Vetro, invece, Clemenza racconta:
“Il Gioia mi disse a proposito del Vetro: ‘può anche essere che questo avesse il certificato penale pulito, ma non è possibile che ad Agrigento non sapessero della sua famiglia’ e cioè che il padre fosse mafioso, addirittura forse in galera o latitante. Il dottor Gioia mi disse che, dopo avere scoperto tale fatto, i suoi rapporti con Agrigento si erano incrinati. Il Gioia arrivò a fare questa valutazione: ‘queste persone, attraverso noi, hanno voluto avvicinarsi a Castelvetrano e tramite la loggia massonica, conoscere la realtà locale ed avere la scusa per frequentare Castelvetrano’. Questo fatto ha contribuito certamente alla rottura dei rapporti fra il dottor Gioia e gli altri appartenenti al gruppo di Castelvetrano con il gruppo di Agrigento e poi con tutta la Gran Loggia d’Italia, tanto che il gruppo di Castelvetrano ha successivamente aderito alla Gran Loggia di Francia di cui da poco fanno parte”.
Carmelo Vetro fu condannato a 9 anni in via definitiva nel marzo 2018, dopo l’arresto del giugno 2012 insieme ad altre 48 persone, quando fu decapitata la cosca mafiosa di Agrigento che si era ricostituita dopo l’arresto dei latitanti Gerlandino Messina e Giuseppe Falsone.
Nel 2016, il dottor Giuseppe Gioia, presidente della loggia Hypsas, ci aveva inviato una piccata lettera, accusandoci (tra le altre cose ) di creare confusione tra le logge massoniche regolari regolarmente registrate e le associazioni segrete.
Rei di esprimere “sospetti e accuse velate di malaffare, se non addirittura di mafiosità nei confronti di cittadini appartenenti alla comunione massonica”, secondo il dottor Gioia avremmo ostacolato il loro “difficile compito di trasformare le rigide regole morali nella loro attività sociale e, nel caso specifico, in quella amministrativa”.
In relazione a quella lettera, avevamo provocatoriamente chiesto al dottor Gioia di spiegarci secondo quali rigide regole morali, da ispettore della Gran Loggia d’Italia a Trapani, avesse affiliato il mafioso e massone di Favara Carmelo Vetro, figlio del capomafia di Agrigento e massone Giuseppe Vetro, “vicino” a Giovanni Brusca.
Oggi è come se avessimo la risposta: la garanzia l’avrebbe data la loggia di Agrigento.
Ed è qualcosa che somiglia vagamente ai protocolli per la legalità nelle pubbliche amministrazioni.
Se si vuole davvero fare la differenza, non ci si può affidare solamente alle procedure.
Il rischio che queste possano essere aggirate c’è sempre, nelle pubbliche amministrazioni così come nelle logge regolari della massoneria.
Certo, se il dottor Gioia aveva reagito con sorpresa e amarezza di fronte all’arresto dell’agrigentino Tuzzolino, ci chiediamo cosa possa aver provato leggendo ciò che è emerso dall’operazione Artemisia.
Egidio Morici