15,30 - Sarebbe stata di 30mila euro la mazzetta intascata dal sottosegretario ai Trasporti italiano Armando Siri (Lega) per introdurre una norma nel Documento di economia e finanza (Def) che avrebbe favorito alcuni imprenditori nel campo delle energie rinnovabili. L'emendamento però non è mai passato.
Siri è indagato per corruzione dalla procura romana nell'ambito di una indagine nata a Palermo su un imprenditore dell'eolico, Vito Nicastri, ritenuto vicino a Cosa nostra. A consegnare il denaro a Siri sarebbe stato Paolo Arata, professore universitario, estensore del programma sull'energia della Lega e in affari, per la procura, con Nicastri.
Siri, che non sapeva dei rapporti tra Arata e Nicastri, avrebbe ricevuto il denaro a casa del professore che sarebbe stato un suo grande sponsor nella politica. L'emendamento caldeggiato avrebbe dovuto fare retroagire i finanziamenti stanziati per le rinnovabili alla data di costituzione di una delle società di Nicastri che avrebbe potuto così beneficiarne. Parallelamente all'indagine romana la procura di Palermo ha ricostruito un giro di tangenti alla Regione siciliana per favorire Nicastri nell'ottenimento di alcune concessioni.
Il provvedimento - «Alla luce delle indagini delle procure di Roma e Palermo, con il coinvolgimento della Direzione investigativa antimafia di Trapani, il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Danilo Toninelli, ha disposto il ritiro delle deleghe al sottosegretario Armando Siri, in attesa che la vicenda giudiziaria assuma contorni di maggiore chiarezza. Secondo il Ministro, una inchiesta per corruzione impone infatti in queste ore massima attenzione e cautela». Lo si legge in una nota del Ministero italiano.
Siri è quindi accusato di corruzione dalla Procura di Roma per avere nella sua «duplice veste di senatore della Repubblica e sottosegretario alle Infrastrutture nella qualità di pubblico ufficiale asservito le sue funzioni e i suoi poteri ad interessi privati». È quanto emerge dal decreto di perquisizione della procura romana nel filone di indagine trasmesso dai colleghi di Palermo.
Una azione, per i magistrati della Capitale, messa in atto «tra l'altro proponendo e concordando con gli organi apicali dei ministeri competenti per materia (Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, Ministero dello Sviluppo economico, Ministero dell'Ambiente) l'inserimento in provvedimenti normativi di competenza governativa di rango regolamentare (Decreto interministeriale in materia di incentivazione dell'energia elettrica da fonte rinnovabile) e di iniziativa governativa di rango legislativo (Legge Mille proroghe, Legge di Stabilità, Legge di Semplificazione) ovvero proponendo emendamenti contenenti disposizioni in materia di incentivi per il cosiddetto 'mini-eolico».
«Non mi dimetto» - «Non ho fatto niente di male: non ho ragioni per dimettermi». Lo dichiara il sottosegretario italiano della Lega, commentando la richiesta di un suo passo indietro avanzata dal Movimento 5 Stelle.
12,00 - Arrestato negli anni '90, tornato in cella nel 2018, già condannato a 4 anni per evasione fiscale, Vito Nicastri, imprenditore trapanese portato in carcere oggi, è uno dei primi ad avere puntato sulle energie rinnovabili che gli hanno consentito di accumulare una fortuna: il Financial Times lo definì anni fa "il signore del vento". Per i pm sarebbe al centro di un giro di mazzette che coinvolge anche funzionari della Regione. Sei anni fa gli è stato sequestrato dalla Dia un patrimonio di circa un miliardo l’euro. Il pentito Lorenzo Cimarosa, nel frattempo morto, lo ha indicato come uno dei finanziatori della ormai più che ventennale latitanza di Messina Denaro. Il collaboratore di giustizia ha raccontato di una borsa piena di soldi che Nicastri avrebbe fatto avere al capomafia attraverso un altro uomo d’onore, Michele Gucciardi.
Secondo gli inquirenti sarebbe un referente delle cosche, alle quali si rivolgeva per accaparrarsi i terreni su cui costruire gli impianti in Sicilia e Calabria in cambio di sub-appalti alle ditte a loro legate. Ha sempre mantenuto costanti contatti con la politica locale in uno «scenario sconfortante», scrissero i giudici nel decreto di sequestro, fatto di «impressionanti condotte corruttive» che nel tempo coinvolsero funzionari regionali, del Demanio e delle servitù militari. Conosce bene la macchina regionale e ha rapporti con politici nazionali e siciliani.
Partito da una cooperativa agricola, trasformatosi in idraulico ed elettricista per avviare aziende impegnate nella riparazione di impianti si è poi convertito diventando imprenditore leader per le energie alternative. Secondo le accuse fin dagli anni '90 capì che la protezione della mafia era fondamentale per gli affari. Il suo ruolo è consistito nel fornire una facciata legale ai rapporti inconfessabili tra la grande imprenditoria e le cosche mafiose.
10,30 - C'è anche Alberto Tinnirello, alto dirigente regionale siciliano tra gli indagati nell'ambito dell'inchiesta che coinvolge il sottosegretario leghista Armando Siri, indagato per corruzione. Tinnirello era il responsabile del Servizio III Autorizzazioni e concessioni del Dipartimento Regionale dell'Energia e dei Servizi di Pubblica utilità dell'Assessorato regionale all'energia ed ai servizi di pubblica utilità, competente per l'istruttoria ed il rilascio delle Autorizzazioni Uniche del decreto legislativo 29 dicembre 2003. Secondo la Procura avrebbe dato "informazioni sullo stato delle pratiche amministrative inerenti la richiesta di autorizzazione integrata ambientale per la costruzione e l'esercizio degli impianti di bio-metano di Franconfonte e Calatafimi".
DI MAIO. Se i fatti fossero questi Siri si deve rimettere dal governo". Così il vicepremier Luigi Di Maio risponde ai giornalisti che gli chiedono della vicenda legata alla Sottosegretario Siri in Sicilia. "Va bene aspettare il terzo grado di giudizio - ha detto a margine dell'assemblea di Unioncamere - ma c’è una questione morale e se c’è un sottosegretario coinvolto in un’indagine così grave; non è più una questione tecnico-giuridica ma morale e politica". "Non so se Salvini concorda con questa mia linea intransigente ma il mio dovere è tutelare il governo. Credo che anche a Salvini convenga tutelare l’immagine e la reputazione della Lega”.
08,30 - Una bufera si abbatte sul governo gialloverde. Il sottosegretario ai Trasporti, il leghista Armando Siri, è infatti finito sotto inchiesta per corruzione.
È rimasto invischiato, insieme ad altre nove persone, negli accertamenti svolti dalla direzione investigativa antimafia di Trapani per conto della procura di Palermo. L'indagine, che è stata condotta in parallelo anche dai pm di Roma, ipotizza "uno scambio di favori, utilità e denaro" per "agevolare aziende considerate vicine" a Vito Nicastri, l' imprenditore dell'eolico di Alcamo. Nonostante fosse agli arresti domiciliari da un anno, avrebbe continuato anche da casa a manovrare, grazie all'aiuto di un familiare, i propri affari.
Al centro delle verifiche ci sarebbe una serie di permessi gestiti dalla Regione Sicilia, con l'assessorato all'Energia. Il fine ultimo di Nicastri sarebbe stato quello di fare approvare una normativa che avrebbe previsto ulteriori incentivi e finanziamenti negli investimenti nel campo delle energie alternative.
Tra gli indagati c'è anche un docente universitario, Paolo Arata, genovese come Siri, 68 anni, ex deputato nazionale di Forza Italia e, nel 1994, presidente del Comitato interparlamentare per lo sviluppo sostenibile. Negli anni scorsi è stato uno dei sette professori a cui Matteo Salvini ha affidato la stesura del programma di governo della Lega. Lo stesso compito era stato affidato a Siri che, per "Noi con Salvini", si era infatti occupato di economia, riforma fiscale e flat tax. Secondo l'ipotesi investigativa, Arata sarebbe stato uno dei personaggi che hanno avuto contatti e fatto da tramite con Siri. La parte palermitana e trapanese dell'indagine ipotizza anche l'aggravante dell'agevolazione di Cosa nostra. Accusa che, però, non è stata formulata in alcun modo nei confronti del sottosegretario leghista.
Per effetto della nuova indagine, Nicastri si è visto aggravare la misura cautelare che lo teneva agli arresti domiciliari per "concorso esterno in associazione mafiosa e fittizia intestazione di beni" ed è stato immediatamente riportato in carcere. Sono intanto state disposte perquisizioni, che sono state svolte questa mattina, sia a Palermo, negli uffici dell'assessorato regionale all'Energia, sia a Roma, oltre che nell'abitazione e nelle pertinenze dello stesso Nicastri, sul quale Tp24.it ha scritto numerose inchieste (qui potete leggere un suo profilo).