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23/04/2019 06:00:00

Mafia, politica e corruzione: così Nicastri dava ordini... dal balcone di casa

Gestiva i suoi affari... dal balcone di casa sua, ad Alcamo, dove era ai domiciliari. Emerge anche questo particolare nelle ultime indagini su Vito Nicastri, imprenditore dell'eolico ritenuto vicino alla mafia. Nonostante fosse ai domiciliari riusciva a comunicare con l'esterno e a dare le sue direttive affinché a Roma il governo di Lega e Cinque Stelle preparasse norme di favore ai suoi progetti.

Nell'inchiesta un capitolo è dedicato alle intercettazioni dei colloqui tra Paolo Arata, "faccendiere" e professore genovese con un passato da parlamentare di Forza Italia e Nicastri, il «re dell'eolico» al quale è stato confiscato un patrimonio da un miliardo di euro. Entrambi sono indagati per corruzione e intestazione fittizia aggravata dall'avere agevolato la mafia. I due, aiutati nel portare avanti le operazioni dai rispettivi figli, Francesco e Manlio, anch'essi sott'inchiesta, sarebbero stati soci occulti in diverse aziende. Arata, grazie al suo giro di conoscenze e alle sue alte relazioni istituzionali, cercava di chiudere un business milionario con gli impianti energetici, incontrava  assessori regionali e avrebbe corrotto funzionari pubblici per ottenere le autorizzazioni. Secondo le indagini contava anche sul sottosegretario leghista Armando Siri, anch'egli indagato per corruzione, al quale sarebbero stati promessi 30 mila euro in cambio del suo interessamento.

Gli investigatori della Dia hanno registrato i colloqui e gli incontri tra gli Arata e i Nicastri. Arata, consapevole dei guai   di Nicastri, lo ha definito in più di un'occasione suo socio occulto ed è andato a trovarlo ad Alcamo in via Giordano, nella palazzina in cui abita l'imprenditore che si trova a poca distanza dagli uffici della Solcara, una delle società coinvolte nelle indagini. Nicastri, dopo avere ottenuto i domiciliari a marzo dello scorso anno (giovedì è finito di nuovo in carcere), avrebbe più volte parlato per telefono con Arata e il figlio, che hanno una casa anche a Castellammare del Golfo, ricevendoli anche sotto il balcone della sua abitazione.

Il 5 luglio e il 28 agosto scorsi Nicastri, affacciato in balcone, è a colloquio con il figlio Manlio e Francesco Arata. Il tardo pomeriggio del 19 ottobre è Paolo Arata a recarsi in visita in via Giordano per parlare di affari. «Quella con Antonello… però hai fatto un errore clamoroso, purtroppo - afferma Arata parlando di un pagamento con un assegno -. L'assegno, la data ci hai messo quando l'amministratore non c'era già più… dovevi metterci la data sinché c'era l'amministrazione in corso... Il sedici, hai sbagliato, Vito. Dovevi metterci una data quando lui c'era ancora in corso. Non ha più nessuna titolarità di firmare, dovevi metterci sedici settembre, quando lui era ancora amministratore… È un errore fondamentale quello Vito».

I due parlavano anche al telefono. Arata è amareggiato perché la situazione economica non è florida, teme di essere stato ingannato. E lo confida per telefono a Manlio Nicastri: «Qui dobbiamo meditare molto di più tutte le cose, nessuno è infallibile, abbiamo commesso troppi errori, non ne abbiamo azzeccata una. Io sono molto preoccupato, anche questo mese io alla fine tiro fuori 25 mila, voi non guadagnate niente. Io nel 2015 ho dato trecentomila euro a tuo papà, basandomi su un rapporto di fiducia, ed è stato il più grande errore della mia vita, poi glielo dirò in faccia a tuo papà, il più grande errore nella mia vita. Io non ho mai fatto un errore del genere, e li tuo papà ho adesso l'impressione che mi reputa un coglione, gli succhiamo tutto il sangue che è possibile, tanto è del nord. Io questo investimento lo avevo fatto per avere un reddito per mia moglie, perché io ho quasi settant'anni, ed invece di avere un reddito io ogni mese ci devo mettere 10/15 mila euro. Io sto fallendo, non solo ho perso quei soldi li ma sto perdendo gli ultimi soldi che ho».

L'inchiesta sulla mazzetta da 30mila euro che sarebbe stata "data o promessa" al sottosegretario Armando Siri, a sua volta indagato per corruzione, non è solo una vicenda giudiziaria ma un caso politico a tutti gli effetti. Negli ultimi giorni il Movimento Cinque Stelle chiede le dimissioni del sottosegretario anche perché l'accusa di aver asservito le pubblica funzioni di membro del governo e del Parlamento per far approvare, in cambio del denaro, una norma legata alla costruzione di impianti eolici è ancor più grave se si considera che, secondo la procura di Roma, c'è l'ombra del  superlatitante di Castelvetrano, Matteo Messina Denaro. 

Nelle intercettazioni Arata parla in maniera esplicita di "30mila euro" proprio in relazione alla norma sugli incentivi. In una di queste, registrata nell'estate 2018, Arata dice al figlio che "questo affare mi è costato 30mila euro"; in un'altra, anche se il contesto è meno chiaro, Arata dice invece che "mi ci sono voluti 30 mila euro".

Nelle filone siciliano delle indagini Arata ed il figlio sono indagati per corruzione e intestazione fittizia aggravata dall'avere agevolato la mafia. E gli inquirenti hanno registrato il metodo con cui Nicastri, nonostante fosse ai domiciliari, entrava in contatto con loro, infilando la carte dei progetti che gli interessavano in un paniere, uno di quei contenitori con cui si passa la spesa, che calava dal balcone.
Non solo. Dava anche disposizioni dalla finestra o attraverso il figlio.
Nicastri ora è tornato in cella. I pm di Palermo che coordinano l'inchiesta sono risaliti a tutte le partecipazioni societarie di Arata nel business dell'imprenditore in odore di mafia.
I due erano soci nella 'Solcara' srl e nella 'Etnea srl', titolari di 16 impianti per la produzione di energia da fonte eolica nella provincia di Trapani, e in 'Solgesta srl', una società partecipata interamente dalla Solcara che sta sviluppando in provincia di Trapani e Siracusa due progetti per la realizzazione di impianti di energia elettrica e bio gas utilizzando rifiuti organici. Arata, dicono i pm, era a conoscenza dell'indagine a carico di Nicastri e nonostante quest'ultimo fosse ai domiciliari, continuava a parlarci.
Contemporaneamente, intercettando il faccendiere, hanno scoperto che questi avrebbe consegnato la tangente di 30mila euro al sottosegretario alle Infrastrutture leghista Siri per caldeggiare un emendamento al Def che avrebbe favorito Nicastri. Emendamento poi non ammesso. Per competenza, però, questo filone d'indagine è stato trasmesso a Roma. Nel troncone siciliano dell'inchiesta sono coinvolti anche alcuni dirigenti regionali e uno comunale che sarebbero stati corrotti per agevolare le autorizzazioni al duo Nicastri-Arata per i progetti relativi al bio-metano e all'eolico.