Dal gennaio del 2018 il governo Musumeci non ha acceso nuovi mutui e il debito pubblico regionale è sceso sotto i 5 miliardi ai livelli del 2010. Il dato emerge dall'ultimo Bollettino sul fabbisogno finanziario presentato ieri dal vicepresidente e assessore all'Economia, Gaetano Armao, assieme ai dirigenti dell'assessorato. Armao ha anche sottolineato che la Regione ha chiuso con i derivati e ha poi evidenziato che la giunta ha dato il via libera ai prestiti semplificati con i consorzi fidi. L'assessore ha pure chiesto l'intervento del governo nazionale per evitare abusi di richieste di garanzie da parte delle banche nei confronti delle imprese siciliane.
Dal Bollettino emerge che il debito pubblico regionale - costituito in senso stretto dal debito a carico della Regione per 4 miliardi 977 milioni di euro e dal debito a carico dello Stato per 121 milioni di euro - ammonta a 5 miliardi e 98 milioni, a cui vanno aggiunti i 2 miliardi 360 milioni di anticipazioni di liquidità da parte del Ministero dell'Economia, per un totale di 7 miliardi 459 milioni. L'indebitamento complessivo si riduce, quindi, rispetto allo scorso anno di 500 milioni, scendendo sotto la soglia di 7,5 miliardi, sotto gli 8 miliardi trovati dal governo Musumeci all'insediamento.
Il dato più rilevante del Bollettino è quello relativo al debito a carico della Regione, pari a 4 miliardi 977 milioni di euro (sceso per la prima volta sotto i 5 miliardi), e che registra una diminuzione, rispetto al 30 settembre 2018, di 116,4 milioni, derivante dal pagamento a dicembre scorso delle rate dei mutui. Per il debito a carico dello Stato, oggi quasi estinto, la Regione riceve da Roma la copertura finanziaria che viene introitata in entrata del bilancio regionale.
Parte importante del Bollettino è riservata alle operazioni di finanza derivata. La Regione nel 2005 decise di ristrutturare il debito, facendo ricorso ai cosiddetti «swap», strumenti derivati per coprire i rischi dei tassi dei mutui già contratti. Il Bollettino ricorda che Cassa depositi e prestiti ha già rinegoziato i nove prestiti, confermando come la Regione siciliana è la prima in Italia ad avere predisposto un'operazione finanziaria che potrà azzerare i derivati e i relativi oneri (pari a circa 40 milioni annui) e far conseguire ai bilanci regionali futuri consistenti risparmi di spesa. «Occorre liberare i siciliani da questo peso divenuto insopportabile», ha detto il vicepresidente.
Armao ha anche evidenziato che per le piccole e medie imprese della Sicilia sarà più facile ottenere un prestito bancario attraverso i Consorzi fidi: la giunta regionale ha approvato la delibera che prevede che a dare la garanzia alle banche, per i prestiti compresi fra 30 e 100 mila euro, siano i Consorzi fidi autorizzati dalla Regione, mentre il Fondo centrale di garanzia avrà una funzione di «controgaranzia», di garante, cioè, di secondo livello in favore di Confidi. Tocca adesso alla Conferenza Stato-Regioni recepire la delibera che dà l'applicazione anche in Sicilia della norma che regola il settore. E l'assessore ha lanciato un appello al ministro dello Sviluppo Economico, Luigi Di Maio: «Abbiamo verificato alcune ipotesi di abuso di garanzia - ha detto Armao-. Effettueremo delle verifiche, lo faccia anche il ministero dello Sviluppo economico, per scongiurare che le imprese siano vessate da un eccesso di garanzie richieste dal sistema bancario di fronte alla presenza di una garanzia pubblica consistente, fino all'80 per cento, ossia quella del Fondo centrale di garanzia». Plauso dalle associazioni in rappresentanza delle imprese artigiane, del commercio, della cooperazione, dell'industria e Assoconfidi Sicilia che sostengono l'appello a Di Maio.