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04/05/2019 04:00:00

Marzabotto, da Trapani a Monte Sole per un murales dedicato alle vittime dell’eccidio

Uno schizzo su un foglio di carta smangiucchiato dal tempo. Tutto inizia da qui, da un disegno, buttato giù di getto, dopo una passeggiata sotto la pioggia tra i boschi che si preparavano all’inverno di Monte Sole. Il parco storico regionale, istituito dal 1989, che intreccia e attraversa i territori di Marzabotto, Grizzana Morandi e Monzuno, a 40 minuti da Bologna. Un angolo di mondo, racchiuso e quasi protetto dai fiumi Setta e Reno che ne segnano i confini immaginari, dove, 74 anni fa, si è consumata la strage più violenta compiuta dalle Ss nell’Europa nazista. Inizia proprio da qui, da questo posto ferito a morte dall’uomo, la storia che ne interseca molte altre di Alessandro Gandolfo. Un artista siciliano, «un muralista», come si definirebbe lui, che da Trapani è arrivato a Monte Sole, per regalare al parco, ai suoi abitanti e ai suoi visitatori, un murales dedicato a questo piccolo fazzoletto di terra che trasuda la Storia, quella con la esse maiuscola. La stessa che Alessandro, 30 anni in arte «Nannoo», ha sentito lo scorso novembre camminando in silenzio per i boschi e ascoltando i racconti di chi, in mezzo a quello che è stato uno scenario di morte per centinaia di persone, ci vive consapevolmente tutti i giorni.

Il murales
Ad Alessandro sono bastate poche ore per sentire, quella che in molti chiamano così, «l’energia di Monte Sole». Un luogo in continua antitesi, dove il peso doloroso del passato è palpabile, quasi si respira nell’aria, ma lascia spazio ad un sottile vento di speranza che continua a soffiare forte su un paesaggio ferito ma aperto al resto del mondo. E proprio qui da pochi giorni, a una quindicina di minuti dalla Scuola di Pace, è possibile osservare il suo murales, scolpito con gli spray. Si trova lungo il Percorso della memoria, poco prima della chiesa di Casaglia e dopo i ruderi di Caprara, in località Il Poggio, disegnato sul muro della casa di un privato, uno dei pochissimi che abita il parco tutti i giorni dell’anno. Un omaggio, finanziato dal Comune di Marzabotto, realizzato nel giro di una settimana in una rocambolesca corsa contro il tempo e ultimato in occasione del 25 aprile, grazie al supporto di un gruppo di amici che ha monitorato il lavoro dell’artista 24 ore su 24. Ma un peso, in tutto questo lavoro, ce lo hanno avuto anche i frati e le suore di Monte Sole della Piccola Famiglia dell’Annunziata, la comunità fondata negli anni ’50 da don Giuseppe Dossetti, l’autore dell’11 articolo della nostra Costituzione. È ai fratelli che Alessandro ha mostrato la prima bozza del disegno, ricevendo subito la loro approvazione e poi la loro benedizione a murales terminato, oltre che qualche dritta artistica su come realizzare una buona prospettiva da uno di loro, che nella piccola casa dove vivono ha un laboratorio dove realizza effigi sacre.

L’artista
«Qualche mese fa, camminando ho sentito lo Spirito di Monte Sole, ne ho percepito la forza, così ho deciso di dargli vita con un murales. Pochi minuti, e il primo schizzo era già su carta. Così, per la primavera, ho deciso di tornare qua e lasciare un regalo a questo posto. La montagna, così come l’ho immaginata, ora ci guarda dal muro dove l’ho disegnata, con gli occhi di un vecchio saggio, l’espressione è rilassata, e il verde di un paesaggio rigoglioso e sereno fa da contrasto al sangue che continua a scorrere, lentamente, dalle viscere della natura. Il disegno nasconde simboli, percorsi e allegorie da decifrare, ma già chiarissime a i veri conoscitori del luogo» racconta Gandolfo che, proprio per sottolineare il contrasto che caratterizza un parco come quello di Monte Sole dove la morte e la vita si respirano costantemente, in un continuo ossimoro, ha concluso il suo murales con una scritta “Soave sangue silente langue”. Non è la prima volta che Alessandro si confronta con temi sociali rilevanti, a Trapani ha colorato diversi muri, mescolando spesso sacro e profano, per attirare l’attenzione anche su fenomeni, come quello della mafia, che continua a caratterizzare questa e tante altre realtà. Il primo «pezzo», realizzato proprio nella sua città, dove ha rappresentato una grande caffettiera che serve del sangue in una tazzina, con scritto “Il sangue delle vittime serve a risvegliarci”. Tra gli ultimi lavori un murales allo stadio di Trapani sul tema dell’infibulazione e un altro invece disegnato in Australia, «The last drop of Contami-Nation», e dedicato agli aborigeni.

Nel cortile di Karaton, il partigiano senza identità
A novembre, per i cosiddetti «non casi della vita», come direbbe qualcuno, il muralista si è ritrovato a Monte Sole, ospite di un giovane amico artigiano in una casa che dal 74esimo è diventata un crocevia di storie e di incontri. Un casolare che sorge nello stesso terreno, dove Karaton, il leggendario partigiano sovietico di cui non si conosce l’identità, a cui qualcuno ora sta cercando di risalire, aveva la base della sua compagnia, composta da una quarantina di persone, al servizio della brigata Stella Rossa, il gruppo di partigiani guidato da Mario Musolesi (detto Il Lupo). Un ufficiale rimasto nell’immaginario collettivo dei partigiani ancora in vita, ma di cui non resta nemmeno una fotografia. Si dice che era un cosacco, che fosse altissimo e pesasse circa un quintale. Il nome Karaton, a cui è intitolata anche una via a Bologna, non era il suo vero nome, ma quello di battaglia, molto probabilmente legato ad uno dei suoi tanti intercalari che infilava nei discorsi. «Karashò», che deriva dal russo e significa «bene ». Qui, dove spesso si fermava ad intonare nel cortile Verdi e Rossini - Karaton si dice fosse un grande amante della musica -, oggi vive, assieme ad altri cinque giovani, il proprietario del muro concesso ad Alessandro per il murales. Non si tratta di una persona qualunque, ma di un settantenne, Luigi Fontana, che si è trasferito dagli anni ’80- ’90 in località Il Poggio, che nel tempo è diventato un punto di riferimento per il parco e tutti i visitatori che si fermano ad osservare la sua casa.

La casa di Luigi Fontana
Dalla casa di Luigi Fontana sono passate tante persone, anche solo per una visita, e di tutte loro ha raccolto le firme in tre libri, tutti scritti fitti fitti dalla prima all’ultima pagina. Vive in un casolare, comprato nel 74, quando era solo un rudere, e sistemato da Walter Fontana, suo padre, che ha perso tutta la famiglia, sopravvissuta al’eccidio, ma non agli effetti collaterali della guerra. Un fratello, Sergio, partigiano della Stella Rossa, il gruppo di quelli che chiamavano «i ribelli» guidato da Mario Musolesi (detto Il Lupo) e attivo proprio su queste montagne, è saltato su una mina. Una delle tante che i nazisti e i fascisti avevano posizionato lungo tutta la zona di Monte Sole, ripulita e sminata completamente solo nel ’94. Mentre padre, madre e un fratellino, Dario, morirono durante il viaggio di ritorno dal campo dove erano sfollati durante il conflitto. Si sono salvati solo una sorella e un fratello, Franco, ancora in vita ed ex staffetta della brigata Stella Rossa. Walter ha restaurato e sistemato la casa, dove Alessandro ha realizzato il suo murales, senza mai dimenticare il suo passato anche nelle scelte stilistiche e di arredamento della struttura. All’ingresso, ai lati del cancello, sono stati messi i resti di due bombe già esplose, mentre nel giardino si possono trovare altri cimeli di guerra, ripensati per gesti più nobili, come farci crescere i fiori dentro. Walter era sopravvissuto al campo di concentramento tedesco di Dachau, ma non ne ha mai voluto parlare troppo. Nemmeno al figlio, Luigi, che ha fatto della storia e dell’importanza di conoscere ciò che è stato la sua linea guida di vita. Negli anni ha raccolto centinaia di libri, soprattutto storici, politici e filosofici, cercando di informarsi e «di farsi un’idea un po’ di tutto da sé», come sostiene fieramente. Un ex ferroviere, originario di Vado, che ha scelto di vivere a Monte Sole e ha trasformato la sua casa in un crocevia di incontri e di rifugio per molte vite. Ha sempre tenuto le porte aperte e cucinato per centinaia di persone, senza mai dimenticare, a fine pasto, di dire la sua. Ha cucinato per Gian Maria Volontè sotto la calura estiva, quando l’attore, ormai negli ultimi anni della vita, si trovava a Monte Sole per leggere proprio qui le lettere dei condannati a morte della resistenza europea per il film Luigi Nono.

Dal Poggio è passato anche Gino Doné Paro, l’unico europeo ad aver partecipato alla rivoluzione cubana. Scelto da Fidel Castro per liberare Cuba dal dittatore Battista, amico di Che Guevara, gli salvò la vita praticandogli un massaggio cardiaco durante un attacco asmatico, di cui soffriva, che aveva colpito il famoso guerrigliero argentino ai piedi della Sierra Maestra nel ’56. Ma ancora, ha ospitato centinaia di persone, gruppi scout, personaggi politici, sopravvissuti alla strage, e persone comuni. Parte della sua storia è stata scritta nel 2010 in un autoproduzione anche dallo scrittore Wolf Bukowsky («Dov’è il monumento? Una conversazione con Luigi Fontana attorno a Monte Sole»).«Ho sempre tenuto le porte di casa mia aperte. La mia è una scelta di vita, soprattutto in un posto come questo» spiega Luigi mentre racconta uno degli episodi che hanno dato origine al titolo dell’intervista con Bukowsky. «Mi trovavo al Poggiolo, era caldo, era estate ed ero ad una festa con tanta gente, quando ad un certo punto un signore, che si vedeva che aveva fatto il militare, mi si ferma davanti con un camper e mi chiede “Dov’è il monumento?”, riferendosi ad un possibile punto nel parco (che non c’è, ndr), come si fa con i militari caduti, magari con una statua, dove inginocchiarsi e ricordare tutte le vittime civili e non». E lei cosa ha risposto?. «Ho guardato il prato e ho indicato alcuni bambini che correvano felici. Questo è il monumento, gli ho detto».