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08/05/2019 04:00:00

Caso Saguto, dalle intercettazioni emerge che non conosceva gli atti di sequestro

Un provvedimento di sequestro basato sulla non conoscenza degli atti. Sono tanti i dubbi sui sequestri agli imprenditori Virga di Marineo e ai Cavallotti di Belmonte Mezzagno, saltati fuori ascoltando le intercettazioni del processo a Silvana Saguto, l'ex presidente della sezione Misure di prevenzione del tribunale di Palermo, accusata di aver creato un cerchio magico attorno alla gestione dei beni sequestrati.

Dalle intercettazioni risulta che la giudice non avrebbe letto gli atti che compongono la richiesta di sequestro: ben 1.973 pagine. Eppure è stata lei a decidere il provvedimento. «Non ho avuto il tempo di guardarlo, sto partendo per una trasferta. Da lunedì comincio a leggere le carte», dice all’amministratore giudiziario Giuseppe Rizzo il 18 giugno 2015 mentre veniva intercettata nel suo ufficio. Il 16 giugno 2015 a un rappresentante della Dia che gli annuncia che «stanno lavorando per questo nuovo sequestro, se ti va bene me lo depositi questa settimana, il 24 o il 25», la giudice Saguto risponde: «Io torno il 22 da Milano ».

In un'altra intercettazione del 18 giugno, ecco cosa dice la Saguto: «Sto parlando per quello che mi ha detto Nasca, non so niente, non ho avuto il tempo di guardarlo». Tutto lascia intendere che la Saguto fino al 22 giugno non ha letto ancora il voluminoso fascicolo che le hanno consegnato. Ma il 25 giugno è la data riportata sulla richiesta di sequestro firmata dalla stessa Saguto.

Quello dei Virga, nel 2015, fu presentato dalla Dia come il sequestro più grande mai fatto. Le ditte, una decina, passarono in amministrazione
giudiziaria. Adesso oltre alle accuse mosse alla giudice di un  accordo col tenente colonnello della Dia Rosolino Nasca per garantire l’amministrazione giudiziaria dei beni dei Virga a Giuseppe Rizzo in cambio di altri incarichi a favore del marito e del figlio della Saguto, c’è l’ombra di un sequestro deciso senza la lettura degli atti. Intanto, ieri, sono stati restituiti tutti i beni sequestrati agli eredi degli imprenditori Vincenzo e Gaetano Cavallotti e di Rosamaria Profeta, moglie dell’altro fratello Giovanni. Anche questo un provvedimento che venne emesso dalla giudice Saguto. I Cavallotti sono imprenditori considerati vicini al boss Bernardo Provenzano.