E' in grande difficoltà Piera Aiello. La deputata eletta con i Cinque Stelle in provincia di Trapani è al centro di una clamorosa vicenda politica - giudiziaria. Tp24.it, infatti, ha scoperto che ci sono gravi irregolarità nel documento con il quale si è candidata alle elezioni politiche del 2018.
Aiello è indagata per falso alla Procura di Sciacca. Il pm ha chiesto l'archiviazione, ma ad di là della condotta penale (lei sostiene di non sapere che, da testimone di giustizia non poteva candidarsi con l'identità "congelata"), rimane l'irregolarità della sua candidatura.
La deputata è isolata. Dai Cinque Stelle non si è alzata nessuna voce in sua difesa. A parte il solito delirante Giarrusso (capace di vedere una regia della mafia dietro l'inchiesta giornalistica di Tp24.it....) nessuno dei big del partito, anche in Sicilia, ha detto una parola in difesa dell'Aiello. Anzi, c'è grande sconcerto. Così come, a parte i soliti fan, smarrita è la base dei Cinque Stelle, ancora una volta alle prese con un'onestà dichiarata ma non praticata.
Lei, Aiello, si arrampica sugli specchi. Non avendo molti strumenti a sua disposizione, pubblica sui social la lettera di un suo amico, testimone di giustizia, che vorrebbe ribaltare alcuni punti della complicata vicenda:
"L'istituto del cambio di generalita' di coloro che sono sottoposti al programma speciale di protezione è un atto con classifica di segretezza e costituisce il massimo beneficio tutorio, in quanto comporta la creazione di una nuova posizione anagrafica nei registri dello stato civile ed è adottato solo in casi eccezionali, quando ogni altra misura di protezione risulti inadeguata a tutelare la vita del testimone di giustizia e dei suoi familiari. In diritto il cambiamento delle generalità non cancella il diritto costituzionale ad esercitare la capacità giuridica intesa come elettorato attivo e passivo. Risulta pertanto falso e privo di ogni fondamento giuridico-amministrativo la notizia che Piera Aiello non avesse alcun diritto a candidarsi. Falso e privo di fondamento giuridico quanto affermato nell'articolo pubblicato dalla testata giornalistica tp24: "Il giorno in cui scatta il programma di protezione, nel 1991, Piera Aiello, tecnicamente è come fosse morta. Nel senso che la sua identità viene cancellata, all’ufficio anagrafe del Comune di Partanna il suo nome non esiste più, la carta di identità perde di valore". Io sono vivo e vegeto! I nostri nomi esistono eccome, la mia carta di identità originale è stata da poco rinnovata, dal personale del Servizio Centrale di Protezione, così come prevede la legge che regola il cambio di generalità. Spetta alla Commissione Centrale autorizzare la persona ammessa allo speciale programma di protezione ad utilizzare le generalità originali per specifici atti o rapporti giuridici. Falso che coloro che hanno il cambio di generalità non esistono più tanto è vero che all'articolo 6 comma 2 del decreto legislativo del 29 marzo 1993 n. 119 si fa esplicito riferimento al fatto che tutti gli " atti da annotarsi, iscriversi o trascriversi nei registri dello stato civile continuano ad essere annotati .....sotto le precedenti generalità. La questione è invece che a " perdere valore " sono le parole di chi non sapendo nulla di cosa parlano si lanciano in ricostruzioni a dir poco fantasiose. I beni dei testimoni di giustizia sono confiscati? Falso! Sono acquisiti a patrimonio dello Stato e il valore commerciale dell'immobile viene effettuato dalla Agenzia del Demanio. Il corrispettivo valore in denaro viene trasferito al testimone".
"È vero che il cambiamento delle generalità non cancella il diritto costituzionale al voto - spiegano alcuni funzionari pubblici a Tp24.it per commentare il tentativo di difesa di Aiello - ma tale diritto non può essere esercitato due volte dalla stessa persona, pertanto o ha l’elettorato attivo e passivo con l’alias o ce l’ha col nome originario, lei quando si è candidata ne aveva due e questo cozza col principio costituzionale secondo il quale un voto a persona non due".
Ma c'è di più: "È il servizio di protezione l’UNICO organo deputato a trattare dell’identità dei testimoni di giustizia e tale facoltà non è delegabile ad alcuna altra persona come un legale". Invece nel caso di Aiello è stato tutto delegato all'avvocato Gandolfo. Non si poteva fare.
Ancora: "È vero che i beni passano al demanio dello stato per essere venduti e gli danno il ricavato, ma il problema lo crea lei quando per chiedere l’iscrizione alle liste elettorali di Partanna dice di risiedere nella vecchia casa che fu sua e del marito mafioso ucciso in cui lei sa benissimo non risiedere più e per la quale ha anche ricevuto i proventi della vendita. Tanto che la casa oggi è abitata da terze persone". Piera Aiello sapeva tutto questo. Ha dunque dichiarato il falso.
Ma anche dentro i Cinque Stelle in tanti si interrogano su Piera Aiello, che ora rischia grosso. Secondo alcuni dirigenti del partito, infatti, in base al regolamento interno, Aiello era incandidabile perché non ha detto nulla sul processo che aveva in corso a Roma per aggressione (rinvio a giudizio del 2017) o almeno non è stato comunicato agli attivisti. E poi non era residente nel collegio in cui si candidava. Inoltre con quel nome non era scritta nelle liste elettorali. "Il tutto era bypassabile semplicemente dicendo la verità e facendosi rilasciare un documento da chi gestisce i testimoni di giustizia" notano con amarezza dal Movimento Cinque Stelle. E invece...