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17/05/2019 10:00:00

Processo per peculato ad Ingroia, il gip archivia parte dell'inchiesta

La stessa Procura di Palermo chiede e ottiene l'archiviazione di una parte dell'inchiesta sull'ex pm Antonio Ingroia, che fu amministratore della società Sicilia e-Servizi, accusato di peculato. Con lui, nella parte stralciata dagli stessi pm Pierangelo Padova e Enrico Bologna, coordinati dal procuratore aggiunto Sergio Demontis, era finito sotto inchiesta anche l'ex dirigente regionale Gianni Silvia, che all'epoca dei fatti (2015) era rappresentante del socio-Regione dell'azienda pubblica. Silvia era capo di gabinetto dell'ex presidente della Regione, Rosario Crocetta, che aveva nominato Ingroia.

Il provvedimento di archiviazione è del Gip Roberto Riggio ma la vicenda prosegue in udienza preliminare, davanti al Gup Maria Cristina Sala, per un altro presunto peculato riguardante lo stesso Ingroia, accusato di essersi fatto pagare un'indennità per un anno intero, sebbene fosse stato liquidatore (e non amministratore unico) per soli tre mesi, nel 2013. Inoltre avrebbe percepito rimborsi (indebiti, secondo l'accusa) delle spese di vitto e alloggio.

Sulla posizione di Silvia i pm rilevano che il compenso che l'alto burocrate autorizzò a pagare in favore di Ingroia fu di 50 mila e non di 40 mila euro annui, così come da delega del presidente Crocetta: tuttavia 50 mila euro era un limite consentito dalla legge e dunque non ci sono gli estremi dell'abuso d'ufficio. Più complesso il ragionamento riguardante Ingroia, difeso dagli avvocati Enrico Sorgi e Mario Serio: per il 2014 si era autoliquidato 117 mila euro (17 mila di spese più 100 mila, il doppio della indennità annuale) a fronte di «un utile di poche migliaia di euro».

E però i pm danno atto che da quell'anno si sono sovrapposte norme che hanno reso intricate le indennità di risultato. Una «liquidazione fortemente discutibile e financo censurabile nelle diverse sedi civili e contabili», ma che «non può ritenersi fonte di responsabilità penale perché essa non era vietata dalle norme vigenti, applicate in modo assai sottile» e che «hanno consentito di riconoscere all'amministratore un'indennità di risultato non considerabile in alcun modo ragionevole o proporzionata».