E' stato l'unabomber siciliano Roberto Sparacio a mandare 18 anni fa un pacco bomba al dirigente dell'ufficio tecnico del Comune di Pantelleria, Giuseppe Gabriele, e non la mafia come si pensava.
Sparacio arrestato la scorsa settimana dalla Squadra Mobile di Trapani, dopo otto mesi di indagine sul caso della pennetta Usb che arrivò ad un avvocato di Trapani nel 2016 e dopo due anni esplose in Procura ferendo il poliziotto Gianni Aceto, ha confessato lui stesso al gip di Trapani Caterina Brignone, di aver preparato e inviato il 14 marzo del 2001 la carica esplosiva messa all'interno di una videocassetta e inviata all'allora capo dell'ufficio tecnico di Pantelleria.
La videocassetta fu messa in busta anonima e spedita presso la lavanderia della famiglia di Gabriele, che poi qualche giorno più tardi, nel tentativo di visionarla, rimase gravemente ferito ad una mano. Allora si parlò di un'intimidazione mafiosa.
Oggi la verità è un'altra. Il legale di Sparacio Carlo Emma, è rimsato colpito per le dichiarazioni del suo assistito ed è pronto a chiedere una perizia pischiatrica. «Spero - dice il legale - che la mia richiesta venga condivisa dall'accusa». Sparacio fece quel gesto perché era convinto che qualcuno lo voleva convincere a vendere la cava di famiglia, a Pantelleria, dove si trova un impianto per il trattamento dei rifiuti.