Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
05/06/2019 08:00:00

Caso Montante, il collaboratore di giustizia Riggio:"Sapeva di inchieste mafiose"

 C'è l'alea della mafia in tutta la vicenda che riguarda il sistema Montante, ma non ci sono capi d'imputazione per mafia nel processo che ha riguardato l'ex numero uno di Confindustria Sicilia che in abbreviato è stato condannato a 14 anni e neanche in quello con il rito ordinario dove Montante non è imputato, che si sta celebrando nell'aula bunker del carcere Malaspina di Caltanissetta. Intanto i verbali dei collaboratori sono stati acquisiti agli atti. L'ultima bomba l'ha sganciata Pietro Riggio, collaboratore di giustizia che un mese dopo l'arresto di Antonello Montante, viene sentito dall'aggiunto Gabriele Paci e fa delle dichiarazioni che se confutate avrebbero del clamoroso. Racconta di una strettissima vicinanza tra Montante e numerosi esponenti della famiglia mafiosa della provincia di Caltanissetta fino al punto, secondo il racconto di Riggio, di interessarsi su un'indagine che riguardava Carmelo Barbieri anche lui adesso collaboratore di giustizia.

I fatti raccontati da Riggio risalgono al 1998. Barbieri e Riggio sono cugini. «Io ebbi a conoscere Montante nel 1998 allorquando seppi di indagini a carico di mio cugino». L'appuntamento dinnanzi al salone di un noto barbiere nisseno e poi il pranzo nel ristorante di fronte in viale Sicilia durante il quale, secondo quando dice Riggio che fu reggente della famiglia nissena, Montante fece rivelazioni su un'indagine che riguardava Carmelo Barbieri. «Durante il pranzo Montante mi disse che era amico di mio cugino Barbieri e di aver saputo che c'erano delle indagini che riguardavano la famiglia di Piddu Madonia e mi fece un unico nome quello di Barbieri, dicendomi che era stato indicato come braccio destro di Emanuello a Gela».

Dunque Riggio sarebbe stato utilizzato come messo di notifica. «Burgio e Montante mi invitarono a contattare mio cugino, per metterlo al corrente di quanto riservatamente appreso, dicendo che essendo mio cugino un contatto tra noi, non avrebbe destato alcun sospetto tra gli inquirenti». E dopo la rivelazione Riggio va da Barbieri e riferisce il messaggio seduti dentro la macchina di Barbieri che subito dopo va a fare bonificare da un amico meccanico lavaggista.

Ma c'è un altro fatto altrettanto eclatante che riguarda una presunta «lezione» da dare ad Alfonso Cicero che secondo Riggio sarebbe potuta essere anche portata alle estreme conseguenze. Cicero, adesso parte civile nel processo, testimone chiave dell'indagine, che fu uno stretto collaboratore di Montante, sarebbe stato reo nel 2008 di avversare i progetti industriali di Montante. Fu Vincenzo Arnone, compare di nozze di Montante, a capo della famiglia di Serradifalco a convocare Riggio. «Arnone mi disse che era stato lui a dire a Barbieri che mi voleva parlare e che c'era la necessità di dare una lezione ad Alfonso Cicero perché stava dando fastidio ad un amico nostro, gli chiesi chi fosse l'amico a cui stava dando fastidio Arnone glissò dicendo che non era importante che lo sapessi». Dopo una serie di insistenze Arnone disse: «Che era il Montante e Cicero lo avversava osteggiandolo nelle politiche industriali». Riggio fa l'ultima deduzione sull'argomento dopo aver parlato con Barbieri della vicenda Cicero: «Mi disse che se avevo bisogno di qualcosa non dovevo fare altro che chiederglielo, la cosa mi lasciò di sasso perché compresi che intendeva con ciò dirmi che avremmo potuto arrivare alla situazione estrema cioè uccidere il Cicero». Dopo due giorni Riggio fu arrestato e decise di collaborare ma non raccontò nulla di questi fatti ai magistrati lui dice per paura di ritorsioni nei confronti della sua famiglia. Fino al 2018 dopo l'arresto di Montante.

L'avvocato dell'ex leader di Sicindustria, Peppe Panepinto, replica che «sono dichiarazioni assolutamente non credibili, situazioni che vengono riferite a 10 anni dall'inizio della collaborazione laddove un collaboratore che asserisce di essere stato un capo mafia della città di Caltanissetta, sarebbe stato intimorito dalle ritorsioni del Montante, mentre è dal 2014 che fa dichiarazioni su Montante». L'avvocato Panepinto sottolinea che «anche da un punto di vista cronologico le dichiarazioni sono assolutamente prive di ogni fondamento fanno riferimento ad un asserito contrasto con Cicero nel 2008 quando lo stesso Cicero ha riferito che nel 2008 neanche conosceva Montante»