Il certificato di morte di Rosario Allegra, uno dei quattro cognati del boss latitante Matteo Messina Denaro, non è ancora pervenuto al Tribunale di Marsala. A trasmetterlo deve essere il Dap: Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.
Così, alla seconda udienza del processo ai 18 (adesso 17) dei 33 presunti mafiosi o fiancheggiatori di Cosa Nostra nel Belicino coinvolti nell’operazione “Annozero” (blitz del 19 aprile 2018) che hanno scelto il processo ordinario, il presidente del collegio giudicante, Vito Marcello Saladino, non ha potuto formalizzare un dato a tutti noto. “Alla prima udienza avevamo disposto il rinvio – ha detto in apertura il presidente Saladino – per la vicenda di Allegra Rosario, che, ahimé, si è conclusa nel triste modo che sappiamo”. Rosario Allegra è deceduto a 65 anni nell’ospedale “Santa Maria” di Terni (città dove era detenuto). Alla sbarra rimane un altro cognato del boss latitante, Gaspare Como. E proprio Como è stato l’oggetto di una eccezione sollevata da uno degli avvocati difensori, Daniele Bernardone, che per un capo d’imputazione (intestazione fittizia di beni contestata al “capo 22” a quattro imputati) ha affermato la “incompatibilità” del giudice Saladino, che ai primi di luglio del 2015, in qualità di Gip, aveva disposto gli arresti domiciliari di Gaspare Como.
Eccezione alla quale si sono associati anche gli altri legali e che dopo una camera di consiglio il Tribunale ha accolto. Come si era subito intuito dai cenni di assenso fatti dal giudice Saladino mentre l’avvocato Bernardone stava parlando. Per quattro imputati (Como, Bono e i fratelli Orlando) si farà, quindi, un altro processo con un diverso collegio. Ma solo per il reato di intestazione fittizia di beni.
E’ stata, invece, respinta analoga eccezione sollevata dallo stesso legale per il capo d’imputazione principale: associazione mafiosa. Alla sbarra, oltre a Gaspare Como, di 50 anni, al quale si contesta un ruolo di vertice, sono Gaspare Allegra, di 35 anni, Vittorio Signorello, di 56, Giuseppe Tommaso Crispino, di 66, Calogero Giambalvo, di 43, Carlo Lanzetta, di 71, Giuseppe Orlando, di 50, Anna Maria Orlando, di 40, Nicola Scaminaci, di 46, e Carlo Cattaneo, di 34, operante del settore delle sale giochi e scommesse on line, tutti di Castelvetrano, Dario Messina, di 34, nuovo presunto “reggente” del mandamento di Mazara del Vallo, Giovanni Mattarella, di 53, genero del defunto boss Vito Gondola, Bruno Giacalone, di 58, Marco Buffa, di 46, ritenuti appartenenti alla stessa famiglia mafiosa, Vito Bono, di 59, Giuseppe Accardo, di 35, e Maria Letizia Asaro, di 41, di Campobello di Mazara.
Secondo l’accusa, Gaspare Como sarebbe stato designato dal cognato, per un certo periodo, quale “reggente” del mandamento di Castelvetrano. Nell’inchiesta, è emerso l’interesse del clan anche nel settore delle scommesse on line, oltre ai reati di estorsione e danneggiamenti. Tra i legali impegnati nella difesa degli imputati, oltre a Bernardone, ci sono Vito Cimiotta, Luisa Calamia, Walter Marino, Paola Polizzi, Giuseppe Pantaleo, Vincenzo Salvo, Maurizio Montalbano, Luca Cianferoni. A chiedere di potersi costituire parte civile sono stati i Comuni di Castelvetrano (avv. Francesco Vasile) e Campobello di Mazara (avv. Katia Ziletti), il castelvetranese Pasquale Calamia (avv. Marco Campagna), Sicindustria e Antiracket Trapani (avv. Giuseppe Novara), l’associazione “La Verità vive” di Marsala (avv. Peppe Gandolfo), l’Antiracket Alcamese (avv. Bambina), Codici Sicilia (avv. Giovanni Crimi), il Centro Pio La Torre. E il prossimo 12 luglio il Tribunale dovrà pronunciarsi sulle opposizioni della difesa. Altri 14 coinvolti nell’operazione antimafia “Annozero” hanno scelto il processo con rito abbreviato e sono imputati davanti al gup di Palermo Cristina Lo Bue. Sono Nicola Accardo, 54 anni, ritenuto il capomafia di Partanna, Antonino Triolo, di 49, anche lui di Partanna, i castelvetranesi Giuseppe e Bartolomeo Tilotta, di 56 e 33 anni, Giuseppe Paolo Bongiorno, di 30, Calogero Guarino, di 49, Leonardo Milazzo, di 40, e Giuseppe Rizzuto, di 39, il mazarese Angelo Greco, di 50, e i campobellesi Filippo Dell’Aquila, di 55, Vincenzo La Cascia, di 71, Mario Tripoli, di 46, Raffaele Urso, di 60, e Andrea Valenti, di 66. Per loro il pm della Dda Francesca Dessì ha invocato condanne per complessivi 176 anni e 4 mesi di carcere.