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23/06/2019 08:01:00

Mafia – Avviate arringhe difesa per 14 imputati “Annozero” processati in abbreviato

 E’ stato l’avvocato Gianni Caracci, legale di Nicola Accardo, 54enne presunto capomafia di Partanna, ad avviare le arringhe difensive nel processo che davanti al gup di Palermo Cristina Lo Bue vede imputati 14 dei 33 presunti boss, fiancheggiatori e favoreggiatori del clan Messina Denaro coinvolti nell’inchiesta di mafia “Anno Zero” che hanno scelto il rito abbreviato.

Nell’arco di circa due ore, l’avvocato Caracci ha analizzato le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, sostenendo “la mancanza assoluta di specificità”.

 A giudizio del legale, inoltre, “il significato delle intercettazioni indicato dagli investigatori è quasi fantasioso, non essendovi alcun logico collegamento con le parole pronunciate dagli interlocutori. Tra l'altro – ha continuato - a seguito di incarico da me dato ad un consulente tecnico per trascrivere l'intercettazione ritenuta più indiziante per l'Accardo, non è affatto risultato che, come viceversa dedotto dalla Polizia, l'imputato avesse pronunciato la parola Matteo, riferibile secondo la DDA al latitante Messina Denaro”. Gianni Caracci ha, poi, contestato non solo la funzione di capomafia attribuita a Nicola Accardo, attualmente detenuto in regime di “41 bis” nel carcere dell’Aquila, ma anche la sua stessa appartenenza a Cosa Nostra. “Non essendone stato individuato – ha detto il difensore - uno specifico dinamico ruolo”. In luglio, altre tre udienze per le arringhe difensive. Alla prima, toccherà agli avvocati Vincenzo Salvo e Luisa Calamia, rispettivamente difensori di Bongiorno e Dell'Aquila. Poi, si riprenderà in settembre. Per i 14 imputati, lo scorso 7 giugno, il pm Francesca Dessì ha invocato 176 anni di carcere. La pena più severa (20 anni) è stata chiesta per i campobellesi Vincenzo La Cascia e Raffaele Urso, detto “Cinuzzo”. Entrambi considerati due boss di primo livello negli organigrammi di Cosa Nostra belicina. Sedici anni, invece, sono stati invocati per Nicola Accardo, il castelvetranese Giuseppe Tilotta e il campobellese Andrea Valenti. Quattordici anni per il partannese Antonino Triolo e per il mazarese Angelo Greco. Dodici anni, invece, è stata la richiesta per i castelvetranesi Giuseppe Paolo Bongiorno, Calogero Guarino e Leonardo Milazzo e il campobellese Filippo Dell’Aquila. Otto anni per il campobellese Mario Tripoli, recentemente condannato a Marsala a 5 anni e 8 mesi per fatti di droga. Due anni e quattro mesi, infine, il castelvetranese Bartolomeo Tilotta e due anni per il suo compaesano Giuseppe Rizzuto. Questi ultimi accusati di favoreggiamento. Nell'inchiesta, è emerso l'interesse del clan anche nel settore delle scommesse on line, oltre ai reati di associazione mafiosa, estorsione e danneggiamenti. Dei 14 processati in abbreviato a Palermo, oltre ad Accardo, sono reclusi in regime di “41 bis” (carcere duro), Vincenzo La Cascia e Raffaele Urso. Tra difensori impegnati a Palermo e nel processo ordinario a Marsala, gli avvocati Vito Cimiotta, Luca Cianferoni, Giuseppe Ferro di Gibellina, Luisa Calamia, Vincenzo Salvo, Giuseppe Pantaleo, Walter Marino, Francesco Moceri e Gianni Caracci. Parti civili sono Sicindustria, Antiracket Trapani (avv. Giuseppe Novara), Centro “Pio la Torre”, “La verità vive” di Marsala (avv. Peppe Gandolfo), Codici Sicilia (avv. Giovanni Crimi), Antiracket Alcamo, Comune Castelvetrano e Pasquale Calamia. Quest’ultimo ex consigliere comunale del Pd a Castelvetrano, che tra il 2008 e il 2013 subì alcune intimidazioni.