Dopo le quote latte, le quote tonno. Che fanno litigare Sicilia e Sardegna. Il taglio per Favignana, che aveva riaperto appena un mese fa dopo dodici anni di vuoto, compatta la Sicilia contro il governo centrale.
In particolare contro Franco Manzato, il sottosegretario della Lega autore del decreto che stabilisce le cifre massime di pescato. Sull'isola delle Egadi si potranno pescare solo 100 pesci all'anno, pari a 14 tonnellate delle 357 a disposizione dei cinque impianti italiani: gli altri quattro sono in Sardegna. Una quantità considerata insufficiente per la sostenibilità economico-finanziaria delle attività di pesca.
In un primo decreto del 17 aprile 2019 il dicastero guidato dal leghista Gian Marco Centinaio stabiliva un quantitativo che consentiva ai neo stabilimenti di piazzarsi sul mercato. Assegnava una quota di 279,73 tonnellate agli stabilimenti che potevano vantare anni di attività (cioè i tre stabilimenti della Sardegna), e permetteva ai nuovi stabilimenti Favignana e il quarto sardo di Cala Vinagra di accedere ad un quantitativo aggiuntivo di circa 84 tonnellate, in competizione con gli altri tre impianti storici che si vedevano riservato quanto maturato fino al 2018.
Il 30 maggio però ecco che nel nuovo decreto si seguivano criteri diversi: i 3 stabilimenti esistenti ricevono, secondo lo storico delle quote individuali, 328 tonnellate. Alle nuove tonnare, invece, ne spettano 29, ovvero 14 e mezzo a testa per Cala Vinagra e Favignana. Troppo poche: in Sicilia, anche quest'anno, la tonnara delle Egadi sarà solo un museo. La «Nino Castiglione srl», che aveva fatto riaprire lo stabilimento favignanese investendo circa un milione di euro, creando 40 posti di lavoro, batte in ritirata: «Non voglio fare polemica, dico solo che, se questo è il metodo della politica per sviluppare il Mezzogiorno, possiamo chiudere bottega». E dire che a Favignana ha vinto la Lega.
La politica, ovviamente si scatena. La chiusura della tonnara di Favignana riesce nel miracolo di compattare la classe politica siciliana. Da Forza Italia al Pd, fino addirittura al Movimento 5 stelle: tutti uniti contro Centinaio e Manzato. Il governatore Nello Musumeci chiede di «ridiscutere tutto. Cambiare le regole in corsa significa condannare a morte un intero comparto». Ma l'avvocato Pier Paolo Greco, rappresentante del Consorzio delle tonnare sarde (150 addetti), una soluzione ce l'avrebbe, e incolpa la burocrazia di tenere in ostaggio la politica. «Suggerisco che in Sicilia la smettano di dire sciocchezze, guardino le carte e in particolare chiedano le quote che spettano a loro secondo il decreto sud, evitino di pretendere le quote della Sardegna e si mettano insieme a noi per lavorare. Finalmente le quote sono divise ma devono piantarla con questo vittimismo assistenzialistico. È una ricchezza troppo importante per il sistema e gli animi devono calmarsi. Si può creare un sistema comune che crei moltissima occupazione. Queste quote sono denaro. Noi siamo disponibili a fronte di questa opportunità». Greco non incolpa Salvini che anzi «è uno che le promesse le mantiene» e difende il decreto Manzato: «Gli italiani non mangiano più tonno di qualità, nemmeno un grammo viene messo in scatola, a parte quel poco in Sardegna. Siamo nelle mani dei clienti che decidono i prezzi. Grazie a questo decreto si comincerà ad avere produzioni a marchio tonni di tonnara. Un risultato che appare negativo alla Sicilia ma non lo è. Si devono sedere ad un tavolo Solinas e Musumeci e insieme al governo trovare una soluzione senza danneggiare né Favignana né Carloforte».