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09/07/2019 08:15:00

Torna a Gibellina il Festival PhotoRoad

Installazioni fotografiche di grande formato, mostre outdoor, talk e proiezioni in una città che è uno dei più grandi musei d’arte contemporanea “a cielo aperto” del mondo.


È il Gibellina PhotoRoad, il primo e unico festival di fotografia “open air” e site-specific d’Italia, organizzato dall’Associazione culturale On Image e co-organizzato dalla Fondazione Orestiadi, con la direzione artistica di Arianna Catania e il patrocinio del Comune di Gibellina, Main Partner Festival Images Vevey.
Un’eccezionale occasione per ammirare alcuni fra i lavori fotografici più interessanti degli ultimi anni, presentati nello spazio urbano con visionari e innovativi allestimenti “all’aperto”, alla ricerca di nuove interazioni con il pubblico.

Forte del successo della prima edizione, Gibellina PhotoRoad torna quest’anno con un nuovo e più ricco programma che, per oltre un mese, dal 26 luglio al 31 agosto 2019, porterà nella cittadina trapanese i grandi autori della fotografia, accanto a giovani emergenti del panorama internazionale. Joan Fontcuberta, Mario Cresci, Mustafa Sabbagh, Moira Ricci, Tobias Zielony, sono soltanto alcuni dei grandi artisti più noti presenti, che insieme ai più giovani Manon Wertenbroek, Gianni Cipriano, Morgane Denzler, sono chiamati a confrontarsi con un luogo dalla storia unica.
Il tema di questa edizione è “Finzioni”.

 

Il concept: Finzioni

Il tema attorno al quale è incentrata questa edizione del festival è “Finzioni”.
Una dialettica, quella tra realtà e finzione, che da sempre è il fondamento stesso di tutte le arti. Dalla caverna di Platone fino al postmoderno, è sempre la realtà che offre spunti per alimentare la fantasia. Ma a sua volta è la fantasia – la cultura dell’uomo – che forma e trasforma la realtà, e la rende uguale a se stessa.

«Tra tutte le arti la fotografia è la prima a usare la realtà come irrinunciabile materia prima, eppure anch’essa, lo strumento tecnico nato per riprodurre gli occhi in perfetta copia, è una finzione: si inserisce negli angoli più nascosti del tangibile per renderlo talmente vero da sembrare irreale.», spiega Arianna Catania, direttore artistico del Gibellina PhotoRoad.

Le trentatrè mostre del festival Gibellina PhotoRoad

Sono oltre trenta, provenienti da diversi Paesi europei ed extraeuropei, gli artisti del fitto programma del Gibellina PhotoRoad 2019. Gli svizzeri Taiyo Onorato & Nico Krebs, Christian Lutz, Nicolas Polli, Olivier Lovey, Manon Wertenbroek, i francesi Morgane Denzler, Sophie Zenon, Michel Le Belhomme; gli italiani Mustafa Sabbath, Incompiuto Siciliano, Gianni Cipriano, Federico Clavarino, Novella Oliana, Giammarco Sanna, Andrea Alessandrini, Giorgio Varvaro; dal Messico Monica Alcazar-Duarte, e Brian Mc Carty dagli USA, sono soltanto alcuni degli artisti di fama internazionale che animeranno la cittadina trapanese nei tre giorni di apertura del festival con incontri, talk, e proiezioni (26, 27, 28 luglio).

Attesissimo il ritorno in Sicilia, dopo l’anteprima dello scorso anno, di Joan Fontcuberta.
Fotografo e teorico dell’immagine, curatore e scrittore Catalano, Fontcuberta presenterà a Gibellina un immenso murales composto da 6075 mattonelle di immagini, selfie, foto di vacanze, feste e viaggi inviate dai cittadini gibellinesi all’artista che le ha poi ricomposte per formarne un’immagine unica.
La gigantesca opera collettiva permanente (13metri per 3,5) dal titolo “Gibellina Selfie- lo sguardo di tre generazioni”, sarà il più grande foto-mosaico murale di Fontcuberta al mondo, e verrà donato alla città, convertendosi in un’icona della stessa Gibellina.

 

Sulla scia dell’arte partecipativa, anche l’artista toscana Moira Ricci ha lavorato con più di 1.000 fotografie tratte dagli album di famiglia che i cittadini le hanno mostrato, per ricordare e raccontare
a tutti noi, la vita della loro amata città prima che il terremoto la cambiasse per sempre. Fotografie ritrovate tra le macerie delle proprie case. Da questo immenso patrimonio, Ricci ha messo in moto la sua straordinaria fantasia dando vita ad uno spettacolare collage colorato a mano, in cui riemergono soltanto i volti di donne, anziani, uomini, bambini, per ricostruire quella comunità e quel senso di appartenenza che nella città vecchia esisteva e che il terremoto così’ come anche il tempo e la modernità, hanno provato a cancellare.
L’opera sarà esposta a Palazzo di Lorenzo, un luogo simbolico e di grande suggestione, progettato nel 1981 dall’architetto Francesco Venezia per custodire i resti della facciata dell’originale omonimo Palazzo Di Lorenzo, crollato in seguito al terremoto del Belice. Posto al margine tra la città e la campagna, con il gioco tra interno ed esterno, rudere e modernità, memoria del passato è il luogo ideale per ospitare l’istallazione della Ricci, come punto di congiunzione tra vecchio e nuovo.
L’opera è parte del progetto “Start-Art, memoria in movimento”, realizzato grazie al “Premio Creative Living Lab” della Direzione Generale Arte e Architettura contemporanee e Periferie urbane – DGAAP del MIBAC.

 

Il cortocircuito tra passato e presente è anche il filo conduttore dell’esposizione del grande maestro della fotografia italiana Mario Cresci. Autore di opere eclettiche caratterizzate da una libertà di ricerca che attraversa il disegno, la fotografia, il video, l’installazione, il site-specific. Per Gibellina PhotoRoad, l’artista prende inspirazione dalla città e dalla sua storia, connettendo il 1968 - anno in cui raccontò i terremotati del Belice e le loro proteste a Roma - al 2018, in cui descrive la città simbolo di quella catastrofe nel 50° anniversario È il marzo 1968, quando Cresci entra nel corteo dei terremotati a Roma e, per una semplice distrazione, nascono delle straordinarie doppie esposizioni in bianco e nero, con le quali l’artista stampa un nastro di 13 metri che espone per qualche ora nel centro di Roma. A distanza di cinquant’anni, nel 2018, Cresci torna a fotografare i luoghi del terremoto, alla ricerca di uno sguardo autonomo e lontano dalla semplice documentazione: un’osservazione molteplice delle architetture
e del paesaggio, che qui non si è stratificato nel corso dei secoli, ma nasce da una rottura, da una “fabula”, da un’utopia.
Ne viene fuori “Fabula ‘68-’18”, un insieme complesso di frammenti, un mosaico di visioni, riprodotte su una striscia di 50m che sarà istallata al centro di Piazza Beuys, dove si trova il gigantesco Teatro incompiuto di Pietro Consagra.

La forte presenza dei grandi artisti al Festival, non soltanto in ambito fotografico, è testimoniata anche dall’omaggio a Pietro Consagra, scultore tra i più prestigiosi esponenti dell’astrattismo italiano. Artefice della monumentale “Porta del Belice”, una grande stella alta 24 metri in acciaio inox che accoglie i visitatori all’ingresso di Gibellina, Consagra è anche il progettista del Teatro che porta in suo nome, rimasta l’opera incompiuta più mastodontica in questa parte di Sicilia occidentale. Per l’occasione, il “Teatro di Consagra” ospiterà una mostra dedicata al suo stesso progettista, ricordato per la teorizzazione della Città Frontale del 1968, in cui gli edifici si presentano come avvolgenti e accoglienti sculture abitabili, privi di angoli retti e in una disposizione urbanistica sfalsata “a maglia larga”.

 

La riflessione sull’incompiuto, è anche il centro della ricerca del collettivo Alterazioni video, ne
ha fatto uno stile per il quale è noto in tutto il mondo. Il suo “Incompiuto: La nascita di uno Stile”
è la prima indagine sul più importante stile architettonico italiano degli ultimi 50 anni. Attraverso un’estesa documentazione, raccolta in oltre dieci anni di ricerca e di interventi sul campo, Alterazioni Video racconta la prospettiva attraverso la quale rileggere il nostro paesaggio contemporaneo, con l’intento di fornire gli strumenti per conoscere un fenomeno che caratterizza il paesaggio italiano contemporaneo e rappresenta una prospettiva dalla quale leggere la storia recente del nostro Paese.