L’ingegnere Filippo De Vita, noto per essere stato il progettista, negli anni’80, dell’intera rete idrica e fognaria di Marsala, è finito sotto processo, insieme alla moglie, Caterina Montalto, per abusivismo edilizio e assenza di sistemi per evitare l’inquinamento ambientale in un’azienda realizzata nel 2016 in contrada Cutusio.
Il processo è stato avviato davanti al giudice monocratico Matteo Giacalone con la deposizione di Vincenzo Menfi, responsabile della sezione di pg della polizia municipale della Procura, che ha coordinato l’indagine, sfociata in due sequestri.
Il primo, l’11 maggio 2017, di un cavo che forniva energia elettrica agli impianti. Il secondo il 6 luglio successivo, quando i sigilli furono posti all’intera azienda, un capannone nel quale venivano realizzati o assemblati manufatti in vetroresina (tubi, contenitori, etc.), la cui lavorazione, secondo l’accusa, avrebbe immesso polveri inquinanti nell’aria. E la zona è abitata. L’inchiesta è scattata a seguito di due esposti presentati da un abitante della zona. “L’Aquitec srl, di cui era legale rappresentante Filippo De Vita – ha spiegato, in aula, il comandante Menfi – era proprietaria del capannone, che era 177 metri quadrati, mentre Caterina Montalto era legale rappresentante di Acquitec Impianti srl”. L’investigatore ha, poi, illustrato l’attività d’indagine rispondendo alle domande del pm Ignazia Uttoveggio, del giudice Giacalone e dell’avvocato difensore Giacomo Lombardo. “Abbiamo effettuato sopralluoghi – ha detto Menfi – sia con nostro personale, che con tecnici del Comune e funzionari dell’Arpa. Abbiamo scoperto che il capannone dell’azienda era stato realizzato senza le prescritte autorizzazioni edilizie. Il 13 aprile 2017, poi, due giorni dopo il nostro primo sopralluogo, fu presentata richiesta di concessione edilizia in sanatoria. I funzionari dell’Arpa, invece, hanno accertato che nel capannone non c’erano sistemi di convogliamento delle polveri diffuse dalla lavorazione della vetroresina”.