Lo sportello bancario della Banca Intesa San Paolo di Castellammare del Golfo sarà oggetto, oggi di una azione dimostrativa di protesta promossa dall’associazione “Fridays for Future” di Alcamo assieme ad alcuni esponenti di “Extinction Rebellion” (abbreviata XR).
L’azione, in contemporanea con altre venti città italiane, si svolgerà in Corso Bernardo Mattarella 2 alle ore 10 e sarà preceduta da un piccolo corteo in città che partirà alle ore 9 ha la finalità di porre l’attenzione dei cittadini sul tema del cambiamento climatico in corso e sulla necessità di porre fine al consumo di combustibili d’origine fossile.
Secondo la sezione di “Fridays for Future” di Alcamo, «per fermare la catastrofe climatica incombente, è ​indispensabile ​azzerare l’estrazione e l’utilizzo di combustibili fossili. Se questo non sta avvenendo, gran parte della responsabilità ricade su coloro che ancora oggi sovvenzionano un’industria con un ​impatto devastante ​sul nostro ecosistema. Come si fa a non capire che quel modello di sviluppo appartiene al passato? Oggi abbiamo bisogno di una società diversa, che si basi sull’economia circolare, su fonti di energia rinnovabili».
Perché l’azione di protesta davanti la sede della Banca Intesa?
Nel 2006, Intesa San Paolo ha aderito agli “Equator Principles” un impegno volontario nella direzione identificare e gestire il rischio sociale e ambientale connesso ai progetti che considerano per il finanziamento.
In particolare, ha sottoscritto un impegno, tra l’altro, a «consultare le popolazioni interessate dall’acquisizione delle terre», «mettere in atto un processo trasparente ed efficace di gestione delle lamentele», «promuovere la tutela della biodiversità e la gestione sostenibile degli ecosistemi e delle risorse naturali», «evitare o ridurre i rischi sulla salute e la sicurezza delle comunità nei Paesi in cui si trovano i progetti».
In realtà, la Banca Intesa San Paolo finanzia progetti incoerenti con l’impegno preso quali il TAP, il Trans Adriatic Pipeline, per il trasporto nel nostro paese del gas georgiano, e in diverse altre parti dell’Europa e del mondo.
La situazione va peggio con UniCredit, addirittura tra le prime banche al mondo (29.a) «per investimenti totali, ovvero petrolio, sabbie bituminose, fracking ed esplorazione petrolifera». Ma almeno, senza ipocrisia, UniCredit non ha firmato gli “Equator Principles”.