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06/08/2019 06:00:00

Sicilia, tra recessione, spopolamento, mancanza di servizi essenziali e paesi fantasma

I giovani fuori dal sistema di istruzione e formazione professionale, l'occupazione non c'è e i servizi socio-assistenziali dedicati agli anziani sono una sorta di miraggio. Sono questi dati di una Sicilia che per qualità della vita, lavoro, strutture scolastiche e sanitarie appare sempre ferma al palo, così come tutto il Sud fotografato dalla Svimez (Associazione per lo sviluppo industriale del Mezzogiorno) nelle anticipazioni del suo ultimo rapporto sull'economia e la società meridionale.

Una situazione drammatica nella quale c'è solo un dato positivo per l'Isola: la lievissima crescita del Pil nel 2018, pari a +0,5%, dopo il ribasso dello 0,3% registrato nel 2017, con l'industria (+5,9%) e le costruzioni (+4,3%) a sostenere la ripresa, mentre l'agricoltura segna un crollo del 4,2%.

 Nel 2019 però il Pil del Meridione è previsto che calerà dello 0,3%, aumentando la differenza tra il centro-nord Italia, dove il Prodotto interno lordo toccherà la stessa cifra, ma in positivo (+0,3%).

Recessione e emigrazione - In altri termini, l'associazione Svimez intravede già lo spettro della recessione su tutte le regioni meridionali, accompagnato da altri segnali negativi, a cominciare dall'allarme emigrazione. Se infatti venissero raccolti, in una sola città, tutti i cittadini del Sud che negli ultimi 15 anni si sono trasferiti al Nord o all'estero senza più rientrare, si scoprirebbe subito che nel Mezzogiorno esiste un «buco nero» di popolazione paragonabile a quasi tutti gli abitanti di Napoli, con un saldo migratorio, al netto dei rientri, negativo per 852mila persone: come se dal 2002 al 2017 fosse scomparsa un'intera grande metropoli.

Servizi socio-assistenziali -  Una tra le grandi differenze tra le due Italie esiste anche sul fronte socio-assistenziale, soprattutto nei servizi per gli anziani. Difatti, se al Nord e al Centro, su ogni 10mila utenti over 65, rispettivamente 88 e 42 usufruiscono di assistenza domiciliare, la media del Mezzogiorno si abbassa a 18 e scende a 15 persone in Sicilia.

I dati sconfortanti dell'edilizia scolastica -  Ancor più drammatici, sottolinea la Svimez, sono i dati che riguardano l'edilizia scolastica: a fronte di una media oscillante attorno al 50% di plessi al Nord che hanno il certificato di agibilità o di abitabilità, al Sud si arriva appena al 28,4%. Inoltre, mentre nella scuola primaria del Centro-Nord il tempo pieno per gli alunni è una costante nel 48,1% dei casi, al Sud si precipita al 15,9%, con punte del 7,5% in Sicilia e del 6,3% in Molise. Le carenze strutturali del sistema scolastico meridionale, insieme all'assenza di politiche di supporto alle fasce più deboli della popolazione, in un contesto economico più sfavorevole, hanno determinato per la prima volta nella storia repubblicana un peggioramento dei dati sull'abbandono scolastico, tanto che il numero di giovani che, conseguita la licenza media, resta fuori dal sistema di istruzione e formazione professionale, al Sud raggiunge oggi il 18,8%, con picchi di oltre il 20% in Calabria, Sicilia e Sardegna.  

In 89 comuni su 390 in Sicilia non è possibile neppure prelevare al bancomat. Perché un bancomat non c'è. E in tanti altri piccoli centri l'ufficio postale, unica alternativa alle banche, non apre tutti i giorni o non ha il servizio di prelievo dei contanti.

Probabilmente è in questo dato diffuso qualche giorno fa dall'Anci la fotografia della crisi dei piccoli centri: effetto dello spopolamento in corso inesorabilmente da vent'anni ormai. Una crisi che la Svimez,  ha messo a fuoco con un dettagliato dossier che lancia l'allarme sull'abbandono del Sud: le persone che sono emigrate dal Mezzogiorno sono state oltre 2 milioni nel periodo compreso tra il 2002 e il 2017, di cui 132.187 nel solo 2017. Gli emigrati non sono stati «sostituiti» da immigrati (neppure stranieri) né da nuove nascite: il saldo resta negativo. E in questo scenario ovviamente la Sicilia è centrale.

Servizi essenziali inesistenti - I numeri però rendono solo in parte l'idea di ciò che sta accadendo in Sicilia. «Ci sono intere aree - commenta Mario Emanuele Alvano, segretario generale dell'Anci - in cui vivere è diventato ancora più complicato perché mancano servizi essenziali». A Roccamena e Salaparuta non c'è più nemmeno la pompa di benzina. A Villalba, nel Nisseno, non si trova più un meccanico e per sistemare un guasto bisogna andare a Mussomeli, 18 km più avanti. A Marianopoli manca pure l'elettricista: bisogna chiamarlo da Caltanissetta. E in una valanga di centri medio-piccoli diventa sempre più difficile mettere insieme il numero minimo di alunni per tenere aperte le scuole elementari e gli asili.

 Crisi del mercato immobiliare. Lo spopolamento dei paesi ha provocato altri effetti: rispetto alla popolazione che realmente è rimasta l'offerta di case è doppia e a volte anche tripla. Il valore degli appartamenti è dunque crollato. E così i Comuni tassano immobili del tutto svalutati provocandone la svendita o l'abbandono. Tutto ciò ormai si vive in aree vastissime della Sicilia: dalle Madonie, per esempio, ma anche nelle zone interne del Palermitano, del Trapanese e soprattutto del Messinese e del Nisseno.

Emergenza  demografica - Dal ‘99 a oggi in Sicilia ben 156 comuni su 390 sono andati molto oltre il 10% di emigrati. Il record negativo è a Mirabella Imbaccari, nel Catanese: 36,8% in meno di abitanti. Erano 7.536 vent'anni fa sono 4.764 oggi. Roccafiorita, Frazzanò, Malvagna sono intorno al 35% in meno. A Roccafiorita sono rimasti solo 186 residenti. A Mandanici 578, a Rocca Valdemone 640, a Basicò 592, a Campofelice di Fitalia 496, a Sclafani Bagni 426, a Gallodoro 363.