Luglio 2019 è stato il mese più caldo mai registrato nel pianeta. A certificare il primato d'afa è stata la Copernicus climate change service, l'Agenzia per il cambiamento climatico del programma europeo, rivelando la media mondiale del rialzo termico: 0,04 gradi Celsius in più rispetto allo scorso giugno, già archiviato come il più caldo di sempre sulla Terra, e 0,56 gradi sopra i valori del periodo 1981-2010 - quasi 1,2 oltre i livelli preindustriali.
Del resto, da Parigi a Berlino fino ad Amsterdam, l'ultima ondata di caldo ha stracciato tutti i precedenti record nazionali nei Paesi centro-europei, ma temperature insolitamente alte sono state avvertite anche nel Circolo polare artico, con picchi in Alaska e Groenlandia, per non parlare di Siberia, Asia centrale, Iran, Africa e Australia, dove la colonnina di mercurio ha raggiunto e superato le soglie guardia.
Luglio 2019 batte così, anche se di poco, cioè di 0,04 gradi, il record finora detenuto dallo stesso mese del 2016, caratterizzato però dal «El Nino», fenomeno climatico (assente quest'anno) che causa il riscaldamento delle acque del Pacifico e, di conseguenza, l'innalzamento delle temperature.
Ma se queste sono le premesse, cosa ci si può aspettare in futuro? Le previsioni, per il direttore della Copernicus, Jean-Noel Thepaut, non sono certo rosee: «Tra le continue emissioni di gas serra e il conseguente impatto sulle temperature globali, ogni record è destinato a essere battuto nuovamente». Le conseguenze? Senza andare troppo lontano, basta guardare cosa sta accadendo ai ghiacciai delle Alpi, che negli ultimi 100 anni hanno dimezzato la propria estensione, e che da qui al 2050, se al di sotto dei 3500 metri di altitudine, rischiano di sparire per sempre.