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15/08/2019 06:00:00

L'infinita vicenda giudiziaria di D'Alì. Il processo la cui sentenza non arriva mai...

Per l’ex senatore trapanese di Forza Italia Tonino D’Alì c’è un nuovo obbligo di dimora a Trapani per la durata di tre anni. I giudici hanno accolto la richiesta della Procura distrettuale antimafia di Palermo che ritiene l'esponente politico "socialmente pericoloso".

Per i giudici del Tribunale delle misure di prevenzione di Trapani, i contatti che avrebbe avuto il senatore D’Alì con Cosa nostra sarebbero stati fondamentali nella decisione presa.

Sul senatore si abbatte, dunque questa nuova tegola giudiziaria dopo che la Corte di cassazione ha annullato con rinvio la sentenza della Corte d'Appello di Palermo che nel settembre del 2016 lo aveva assolto dall'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa per i fatti che gli erano stati contestati successivamente al 1994 mentre quelli a lui imputati nel periodo antecedente erano stati prescritti.

La carriera politica - Dal 1994 fino alla legislatura che si è chiusa nel 2018, D’Alì è stato sempre senatore di Forza Italia e sottosegretario al ministero del Governo Berlusconi dal 2001 al 2006. Il procedimento che oggi applica l’obbligo di dimora era cominciato nel 2017 proprio in un momento importante della carriera politica del senatore e cioè quando era in campagna elettorale per diventare sindaco di Trapani. La Procura antimafia di Palermo notificò la richiesta di applicazione per cinque anni dell’obbligo di dimora, procedimento che si è protratto fino al dicembre scorso, ora dopo otto mesi è arrivata la decisione che è definitiva, ma avverso a questa decisione l’avvocato difensore di D’Alì, Arianna Rallo ha deciso di fare ricorso.

Ecco cosa prescrive il decreto per il senatore D’Alì - Per tre anni non potrà partecipare, se non preventivamente autorizzato, a riunioni pubbliche e politiche, non associarsi a pregiudicati o soggetti sottoposti a sorveglianza speciale, di non poter uscire da casa prima delle 7 o fare rientro dopo le 21, di non potersi allontanare dal suo luogo di residenza, Trapani, senza autorizzazione, e dovrà anche pagare una cauzione da 15 mila euro, oltre che pagare le spese processuali.

"D'Alì seppur non organicamente inserito nel contesto criminale associativo, è stato artefice di un contributo causale finalizzato alla conservazione o al rafforzamento dell'associazione, come concorrente esterno", questo scrivono i giudici nelle trecento pagine di decreto che ripercorrono 30 anni di storia del territorio trapanese. Tanti gli episodi analizzati durante tutti questi anni di indagini. Dalla vendita del terreno in contrada Zangara ad un prestanome Francesco Geraci, alle vicende della Calcestruzzi Ericina, sequestrata al boss Vincenzo Virga e quella del Prefetto Fulvio Sodano.

Di D’Alì negli anni hanno parlato alcuni collaboratori di giustizia il mazarese Vincenzo Sinacori e il trapanese Nino Birrittella.

Per i giudici D'Alì "...non ha esitato a mettere a disposizione di Cosa nostra il suo ruolo istituzionale...si è spinto con atteggiamenti certamente non consoni alle cariche politiche ricoperte e che lo hanno portato addirittura a vessare uomini dello Stato che cercavano con trasparenza di perseguire interessi generali e pubblici".

Per quel che riguarda la “pericolosità attuale” del senatore D'Alì i giudici fanno riferimento ad una intercettazione in carcere del 2016. A parlare è il boss di Brancaccio, Giuseppe Graviano che parla di un certo senatore D'Alia e che questi è in contatto con quello che cercano. Per i giudici quel D'Alia è D'Alì e quello che cercano è Matteo Messina Denaro. Più recentemente D’Alì compare nel blitz antimafia del 2018, operazione "Pionica", dove D'Alì è stato fotografato assieme a esponenti di Cosa nostra, tra i quali il boss mafioso Girolamo Scandariato.
Altro aspetto che riguarda le indagini sull’ex senatore Tonino D’Alì è quello riguardante gli appalti pubblici, con i legami che, sempre secondo i giudici, avrebbe avuto con il regista degli appalti pilotati, il valdericino Tommaso Coppola, e i rapporti del politico con gli imprenditori Morici che avrebbero preso l’appalto del 2005 per i lavori al porto di Trapani per la Coppa America di vela.

Processo infinito, la sentenza continua ad essere rinviata - Tanti gli episodi sviscerati come sappiamo nel corso di tanti anni di processi, lunghi, con tante udienze e testimonianze, con le sentenze sia in primo e secondo grado di assoluzione per i fatti contestati dopo il 1994 e di prescrizione per quelli antecedenti. Anno, il 1994, che segna una linea di demarcazione importante in tutta la vicenda D’Alì, e che coincide con la sua discesa in politica con Forza Italia. Al di là di come andrà a finire la vicenda giudiziaria che coinvolge l’ex senatore trapanese, con una condanna o meno in questo caso, non per la misura di prevenzione ma nel processo per concorso esterno in associazione mafiosa, la cui sentenza continua ad essere rinviata, bisogna dire una cosa: chiunque sia l’imputato, in questo caso D’Alì, non è ammissibile e non è normale questo protrarsi all’infinito dei processi, che continuano a lasciare il cittadino in un limbo, nell’attesa di una sentenza che potrebbe cambiargli la vita e che nel frattempo, forse, lo logora prima. La certezza della pena e allo stesso tempo la “velocità” della giustizia dovrebbero essere i principi cardini su cui si dovrebbe fondare il nostro ordinamento giudiziario.