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17/08/2019 06:00:00

Crisi di governo, le due vie d'uscita. L'accordo Pd-M5s o il voto?

 Matteo Salvini gabbato al Senato da una nuova maggioranza che si è formata, si tratta dell’asse Movimento Cinque Stelle-Partito Democratico-Leu. Il richiamo delle sirene al grido di “Votiamo la riduzione dei parlamentari e poi andiamo al voto” non ha prodotto gli effetti sperati.


Rende, tuttavia, molto bene il quadro di una crisi che non è crisi, è confusione.
Del resto legare la riforma costituzionale che prevede il taglio dei parlamentari ad un sodalizio per poi andare al voto esplicita il quadro della confusione istituzionale.


Cosa è arrivato al cittadino medio? Perché i giochi di palazzo, che appassionano la stampa e gli addetti ai lavori, non è detto siano chiaramente recepiti dall’interlocutore finale, che è quello che anche vota.
Non ha capito granchè, diciamolo.


Intanto la differenza tra governo di scopo ed istituzionale è netta, con il primo si darà il vantaggio a Matteo Salvini di scendere immediatamente in campo con una forte e permanente campagna elettorale, con il secondo tipo di governo Pd e M5S si eleggeranno nel 2022 il prossimo Presidente della Repubblica. E a quello mirano. Con la differenza che la campagna elettorale Salvini la condurrebbe ugualmente e risulterà vincente in medesima misura, passerebbe per la vittima politica e gli altri per i frodatori della democrazia uscita dalle urne nel 2018.
Un pasticcio.


Il 20 agosto si ritorna in Senato, la crisi potrebbe rientrare per volontà dello stesso Salvini, i grillini sono, invece, indispettiti e hanno mandato avanti le trattative con esponenti del Pd.
I dem sono dilaniati, i renziani da una parte, gli zingarettiani dall’altra. Poi c’è Carlo Calenda che ha detto chiaramente di voler andare alle urne e su twitter tuona ogni tre secondi.


Come dargli torto, il Pd e i pentastellati se ne sono dette di tutti i colori, le urla della Taverna contro Renzi ce le ricordiamo, dentro e fuori il Parlamento, Alessandro Di Battista li definisce “Partito di Bibbiano”, e i renziani sono stati trancianti nei giudizi contro i grillini.


Cosa accade adesso? Amoreggiano, dicono, per il bene del Paese. Che detto così sembra un grande slancio di magnanimità, ma il Paese non è un’ entità astratta. Il Paese è fatto di cittadini, di elettori, che in questo momento stanno mostrando tutto il disappunto contro le due forze. Bisognerebbe che qualcuno ricordasse ai parlamentari che fuori i palazzi del potere c’è vita.


E intanto sia il M5S che il Pd manda avanti delle trattative sui possibili nomi per un dopo Conte, i dem sono rappresentati in questo caso da Paola De Micheli e da Luigi Zanda.


Accanto a questo c’è uno scenario, in crescendo, con cui fare i conti: il Presidente del Consiglio dei Ministri afferma la sua popolarità, la gente lo acclama per strada e gli chiede di non fermarsi. Un capitale che i pentastellati sanno di non poter disperdere.
L’uomo forte che potrebbe bloccare l’ascesa di Salvini non è Matteo Renzi ma è proprio l’attuale Premier Conte.


I due hanno litigato proprio a ferragosto sulla drammatica questione dei migranti. C’è una nave, la Open Arms, a largo di Lampedusa ma gli uomini e le donne che sono a bordo non hanno ottenuto ancora il permesso di scendere, nonostante la Spagna abbia dichiarato di essere disponibile all’accoglienza.


Ripicche che i due si sono lanciati a mezzo stampa e via social. È la politica ai tempi nostri, su quell’imbarcazione però vi sono molti minorenni e anche dei bambini, qualcuno fatto scendere per questioni di salute.

La ministra della Difesa, Trenta, si è appellata al senso di umanità, dimenticando che questo valore fa parte dei principi della vita: o c’è sempre o non c’è. Non è un’altalena, la Trenta insieme agli altri dei Cinque Stelle ha votato il decreto Sicurezza bis, lo hanno già dimenticato? O questo senso di pietas è venuto a galla adesso perché Salvini ne sta facendo ballare le poltrone?
Si tratta di quello stesso governo, fragile, che non ha alcuna struttura politica ma nasce da un contratto. Farlocco.