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20/08/2019 17:00:00

Fine del governo giallo-verde. Conte si dimette

 Ha parlato il Premier Giuseppe Conte in Senato, un lungo discorso, un alto senso delle istituzioni, un richiamo alla responsabilità e al dovere politico e di governo.

Un affondo verso il ministro degli Interni, Matteo Salvini, che siede accanto, l’utilizzo inopportuno dei simboli religiosi accostati a quelli della Lega durante i comizi pubblici, la democrazia è espressione del voto, dice, ma diventa irresponsabilità quando si vogliono consultare le urne ogni anno.
Un percorso quello di Salvini, dice Conte, personale e di partito, non di governo, per questo è altrettanto irresponsabile gettare il Paese in crisi ad agosto, una grave crisi, sottolinea, per l’Italia.


Il comportamento di Salvini è stato etichettato da Conte carente di cultura istituzionale e costituzionale. Una lezione che viene data al vice premier, nonostante Conte abbia voluto fin dall’inizio ringraziare i senatori e tutti i ministri leghisti per la solerzia per cui hanno lavorato.


Al movimento Cinque Stelle ha raccomandato di non avere paura di misurarsi con il voto, nemmeno quando i sondaggi parlano di sconfitta.
Efficace è la comunicazione social, sottolinea Conte, ma deve essere supportata dalla forza delle idee e dei progetti, non dagli slogan.
Giuseppe Conte annuncia che alla fine del dibattito si recherà dal Capo dello Stato, Sergio Mattarella, per rimettere il mandato.
Finisce qui il governo gialloverde.


Parla Salvini, subito dopo il Presidente del Consiglio: “Mi duole che lei mi abbia mal sopportato per un anno: opportunista, incosciente, irresponsabile…bastava un Renzi di turno a dirmi queste cose non un Presidente del Consiglio”.
Invoca la libertà di potersi sottoporre al giudizio degli elettori, a differenza di altri deputati che temono le elezioni. Si scaglia contro il Pd di Renzi e contro l’eventuale accordo: “Trenta senatori (renziani) hanno paura di andare al voto e si accontenterebbero anche di un governo della Fata Turchina”, poi cita Maria Elena Boschi per il caso Banca Etruria, Lotti per lo scandalo del Csm e Renzi per il Jobs act.
Secondo Salvini c’è un accordo di potere tra il M5S e il Partito Democratico, si rende tuttavia disponibile a tendere la mano ancora una volta ai Cinque Stelle: taglio dei parlamentari, manovra economica e poi voto: “Noi ci siamo”.