Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
21/08/2019 06:00:00

Fine del governo Conte. Cos'è successo in Senato, la “lezione” a Salvini

 E’ finito il governo giallo-verde. Ieri pomeriggio in Senato il Premier Giuseppe Conte durante il suo discorso ha preannunciato la salita al Colle per rimettere il mandato nelle mani del Capo dello Stato, Sergio Mattarella.

Un lungo discorso che ha visto accentuare tutte, tante, le defiance di Matteo Salvini, ministro degli Interni, in questo anno di governo. Simboli religiosi accostati a bandiere politiche, Conte ha dichiarato in maniera netta l’opportunismo, la personalizzazione del cammino politico e non di governo di Salvini, un vacanziero.


Un affondo contro il leader della Lega, non risparmiando nemmeno il movimento Cinque Stelle: non dovrebbe avere paura del voto anche quando i sondaggi non sono favorevoli.

 

 


Lo ha ribadito il Premier Conte: l’essenza della democrazia è il voto, da irresponsabili è però portare gli elettori alle urne ogni anno. Una crisi che Salvini ha deciso di aprire ad agosto, dalla spiaggia, e che ha prodotto l’effetto opposto da quello voluto, non massimizzerà il consenso ma, con molta probabilità, si andrà verso la formazione di un governo con una maggioranza che garantisca la fine della legislatura e che consegni al Paese, nel 2022, un nuovo Capo dello Stato.
Conte non le ha mandate a dire a Salvini: avrebbe dovuto rendere conto all’aula della questione moscopoli, adesso persegue interessi personali e non di governo.


In aula ha risposto Salvini, che propone un accordo ancora una volta ai pentastellati: ritrovare l’intesa e difatti il colpo di scena arriverà dopo qualche ora: la Lega ritirerà la mozione di sfiducia a Conte.
La crisi più pazza del mondo, la paura del voto per tutti i partiti tranne che per la Lega a cui, lo dice Matteo Renzi, in caso di voto avrebbe il Paese in mano. Tecnicamente la vera motivazione per cui i partiti non vogliono andare al voto è proprio questa: molti di loro perderebbero. Dentro al Pd è sempre la stessa storia, cioè quella delle correnti. In caso di corsa alle urne i renziani sarebbero magari candidati in posizioni non utili. Lo stesso Renzi non ha creato quel contenitore sempre annunciato ma mai concretizzato.
Il cane che si morde la coda. Voto o non voto?


L’arbitro è Sergio Mattarella.
Il centro destra in aula ha chiesto a gran voce le elezioni, e presto.

Contrari a qualunque inciucio Fratelli d’Italia, di Giorgia Meloni, l’intervento di La Russa ha tentato di smontare le accuse mosse a Salvini, probabile alleato in futuro, muovendogli l’accusa di non avere staccato la spina prima.

 


Il discorso di Conte non è stato di chiusura totale, dimissionario si ma potrebbe tornare con un Conte bis, del resto il Quirinale potrebbe accettare con riserva le dimissioni.


E adesso tutti a ripetere che ci vuole un governo con le varie forze politiche ma senza Salvini.
Ha tenuto in aula il discorso di Matteo Renzi, parla da leader, traccia il vero problema del tempo: l’odio disseminato in tutto il Paese. Un’ampio dibattito in aula che ha visto poi terminare con la replica dello stesso Premier, che apre con l’immigrazione, tema dibattuto da tanti parlamentari che hanno sollevato la mancata umanità. Conte non ci sta, ha ribadito il lavoro di maggiore rigore che solo il governo gialloverde ha saputo porre in essere, a differenza delle altre forze politiche del passato. La stoccata è stata per il Pd.


Nulla di personale, sostiene, contro gli “amici” della Lega o contro Salvini. Adesso che la sfiducia è ritirata si aprono nuovi scenari, non si esclude un nuovo e rinnovato accordo tra i leghisti e i pentastellati, un nuovo contratto.
Oppure largo al nuovo governo tra M5S e il Pd, Zingaretti, segretario nazionale dem, non ha ancora sciolto alcuna riserva. Su Twitter la sua posizione non è d lode per il Premier Conte.


Dalle dimissioni del Presidente del Consiglio si parte con le consultazioni, il calendario è già dettagliatamente indicato.