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30/08/2019 06:00:00

Conte l'equilibrista. L'impresa di governare con Pd e 5 Stelle

 Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica, ha conferito l’incarico di Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che ha accettato con riserva.
È un mandato esplorativo, a Conte adesso il compito di formare la squadra di governo.


Non sarà facile, il Partito Democratico ha chiesto discontinuità, quasi a voler formare una compagine contro il precedente alleato di governo, la Lega, in particolare contro Matteo Salvini.
Come troveranno gli equilibri i Cinque Stelle e il Pd sarà davvero ardua impresa, speriamo non vana.
L’Italia ha bisogno di una solida base con cui presentarsi in Europa e una legge di bilancio che scongiuri l’esercizio provvisorio.


Conte ha ribadito l’opportunità di fare un governo “per” e non “contro”, che abbia a cuore temi importanti come l’ambiente, la scuola, la sanità, l’uguaglianza e il rispetto delle istituzioni.
Un governo che tuteli le biodiversità e dei mari, che possa rilanciare la ricerca, rendere efficienti le infrastrutture, valorizzare il patrimonio artistico e culturale del Paese.


Il Conte bis sarà, dice, una nuova stagione riformatrice che fornisca risposte e certezze all’Italia.
Nessun accenno, durante il suo discorso, alla questione dei migranti e alla autonomia differenziata. Questioni centrali nel Paese che hanno diviso, e lo faranno ancora, l’elettorato in pro e contro. Difficile sarà cercare di mettere sullo stesso binario la linea politica di chi ha approvato i decreti sicurezza con chi ne chiede, il Pd, la completa soppressione.


Pochi gli elementi di coerenza che uniscono il Pd con i Cinque Stelle, Conte ha parlato di principi e valori non negoziabili. Quasi impossibile spiegarlo ai cittadini che non riescono a comprendere questo cambio di governo senza consultare le urne.
Lo sconforto nella politica cresce a dismisura. Il Premier ha chiuso il suo discorso sostenendo che questo è il tempo del coraggio, lo stesso coraggio che dovrebbe esserci qualora ci si accorgesse che la nuova formazione dell’esecutivo non godrebbe di una salute lunga e durevole.

Il Premier si è messo subito al lavoro, al via le consultazioni con le delegazioni dei partiti che hanno deciso di intraprendere questo nuovo percorso di maggioranza. Lunedì sarà il giorno della verità, capire quale e siffatta convergenza c’è, come lavorare, su quali temi e con quali nomi.
Ad oggi l’unica cosa reale e concreta che sanno gli italiani è che ci sarà un nuovo governo, chiamato giallo rosso, dato dall’alleanza tra i grillini e i dem. Per il resto c’è il buio. Responsabilità e senso del dovere le locuzioni che hanno mandato avanti ma i programmi non ci sono, i nomi si.

Un ruolo centrale tornerà ad averlo Luigi Di Maio, che rimane il leader indiscusso dei Cinque Stelle ma questa volta non avrà il vice premierato, per lui un dicastero. Vice di Conte potrebbe essere o Dario Franceschini o Andrea Orlando, entrambi del Pd.
I dem reclamano l’Economia e gli Interni, metteranno subito mani ai decreti sicurezza, tabula rasa di quello che ha fatto Salvini, dimenticando, però, che quei decreti portano la firma dei ministri Trenta e Toninelli e i voti in aula dei grillini. Quali equilibri troveranno?


Sconfesseranno in pentastellati quello finora fatto? Al Viminale potrebbe andare Marco Minniti, ex ministro dem, ovvero Mario Morcone. Per l’Economia il Pd ha pensato a Carlo Cottarelli, un nome che è gradito al Capo dello Stato e che viene ripescato tutte le volte in cui ci sono consultazioni da fare. Paolo Gentiloni dovrebbe andare agli Esteri, alla Difesa Luigi Di Maio, alla Giustizia riconferma per l’uscente Alfonso Bonafede. Quotata Marina Sereni all’Istruzione.


Il punto interrogativo è dato dagli esponenti renziani. Matteo Renzi aveva dichiarato che avrebbe gradito che i suoi non venissero coinvolti in nessun nuovo governo, Zingaretti invece pare che abbia chiesto a molti di metterci la faccia, così come hanno chiesto e forzato per l’accordo con i Cinque Stelle evitando le urne.
Il segretario nazionale si tirerà fuori da ogni incarico, è già governatore del Lazio.


Questo totonomine non può essere uno scambio di figurine, è immancabile sottolineare che i ministeri della Difesa e dell’Interno sono quelli di maggiore sensibilità per le incidenze che hanno dentro e fuori il Paese.

Nel frattempo si aspetta l’esito della piattaforma Rousseau, parola agli attivisti del movimento se continuare l’accordo con il Pd oppure no.
Si tratta di una consultazione che lascia il tempo che trova, lo sa Di Maio così come Beppe Grillo, lo sanno meno gli attivisti.