Potrebbe essere emessa già questa mattina la sentenza nei confronti del 51enne ingegnere palermitano, Roberto Sparacio, detto "Unabomber di Pantelleria".
Il pubblico ministero Francesca Urbani ha chiesto una condanna a 6 anni e 4 mesi di reclusione e a 2 mila euro di multa. La pena richiesta dal pm al giudice per le udienze preliminari Emanuele Cersosimo è stata la risultante di un complesso calcolo tra attenuanti generiche e aggravanti comprendente la riduzione di un terzo dell'entità della condanna in conseguenza del rito abbreviato.
Questa mattina ci saranno gli interventi delle parti civili, l'avvocato Nino Sugamele, per l'ispettore Aceto, Giulio Vulpitta per il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Trapani, Antonino Maria Consentino, per Policardo, e Claudio Congedo, per Salvatore Monroy, e l'arringa dell'avvocato dell'imputato, Carlo Emma.
Il pm Urbani inoltre, ritenendo Sparacio una persona pericolosa dal punto di vista sociale, ha chiesto che, scontata la condanna, l'imputato venga sottoposto per 3 anni alla misura di sicurezza della casa-lavoro.
L’8 ottobre del 2018 Sparacio ferì l’ispettore di polizia Gianni Aceto in Procura a Trapani, mentre stava indagando sul mittente che aveva inviato, nel 2016, una busta all’avvocato Monica Maragno, che insospettitasi del fatto che il mittente indicato non avesse confermato l’invio, la consegnò all'Ordine degli Avvocati. Dall'ordine partì l'esposto, ma solo dopo due anni furono fatte le indagini che portarono alla verifica della penna Usb e al grave ferimento di Aceto, non appena collegò la pen drive al pc. Oltre ad Aceto nel corso delle indagini sono stati scoperti altri attentati e ferimenti da parte di Sparacio.
L'ingegnere palermitano, appartenente a una famiglia facoltosa con interessi economici tra Trapani e Pantelleria, spinto a mettere in atto la sua capacità di costruire congegni esplosivi per la determinazione a salvaguardare il ricco patrimonio di famiglia minacciato da azioni legali.
Nell'abitazione di Pantelleria gli investigatori scoprirono manuali sugli esplosivi ed un vero e proprio laboratorio dove il professionista avrebbe potuto preparare congegni e miscelare sostanze chimiche.
Oltre alla pen drive scoppiata in Procura a Trapani, Sparacio ha confezionato un altro ordigno pen drive, con obiettivo una persona che aveva comprato all'asta un appartamento della famiglia. La stessa dinamica accade a Palermo nel mese di Luglio del 2016. Sparacio invia una busta anonima al pub dove lavorava l'acquirente. Un ragazzo, trova la busta, attacca la pen drive al pc e ci rimette due dita. Da questo episodio i poliziotti capiscono che la tecnica è la stessa, e collegano gli episodi di Palermo e Trapani e intuiscono il movente.
Altra vendetta nei confronti di Andrea Policardo un suo dipendente che voleva fare causa per alcuni stipendi non pagati. Sparacio gli avrebbe provocato lesioni personali gravissime, (ustioni chimiche di secondo grado). Ha cosparso il sedile del mezzo meccanico sul quale lavorava il Policardo di una sostanza chimica altamente tossica e nociva (iprite) provocandogli così immediati effetti fisici devastanti.