Il gip di Trapani il 24 marzo dovrà decidere se rinviare a giudizio i venti indagati dell'operazione "Palude" che nel novembre del 2018 portò agli arresti domiciliari quattro persone tra cui l'ingegnere capo del Genio Civile di Trapani, l'alcamese Giuseppe Pirrello.
L'operazione della Guardia di Finanza portò alla luce un sistema finalizzato ad assicurare indebite agevolazioni a numerosi soggetti privati ed imprenditori in relazione agli adempimenti in materia di edilizia privata e pubblica di competenza del Genio Civile e all’affidamento di lavori pubblici.
Questi i venti indagati. Sono gli alcamesi: Giuseppe Pirrello, Aurelio Onofrio Pirrello, Giuseppe Pipitone, Vincenzo Coppola, Gaetano Vallone, Vincenzo Paglino, Andrea Pirrone, Francesco Pirrello, Giuseppe Grillo, Vito Emilio Bambina, Stefano Gebbia, Francesco Gebbia, Antonino Colletta, Ignazio Messana, Giuseppe Paglino. Giuseppe Gaspare Motisi, Giuseppe Mulè e Felice Scaraglino di Castellammare. Giovanni Lentini di Castelvetrano. Giuseppe Maiorana di Calatafimi-Segesta
In totale gli indagati erano trenta e per dieci di loro la posizione è stata archiviata o stralciata, tra queste anche quella dell'assessore regionale alle Attività Produttive Mimmo Turano e dell'ex ingegnere capo del Comune di Alcamo Giambattista Impellizzeri.
Al centro dell'inchiesta l’ingegnere capo del Genio Civile di Trapani, Pirrello, che finì per cinque mesi ai domiciliari fino a quando la Cassazione annullò il provvedimento del Tribunale della Libertà di Palermo e l’ordinanza di custodia cautelare del gip di Trapani. Secondo i pm Pirrello, avrebbe abusato della sua posizione per ottenere vantaggi economici. Attraverso lo studio tecnico intestato al figlio, avrebbe curato in prima persona numerose pratiche destinate ad essere trattate per competenza dall’ufficio da lui diretto, «assicurando – scrisse la Finanza – un trattamento di favore ai suoi clienti, con la complicità di alcuni dipendenti dello stesso Ufficio nonché di liberi professionisti.
Le indagini si concentrarono inoltre su tre imprenditori titolari di altrettante aziende di autotrasporti operanti ad Alcamo, che utilizzavano falsi buoni di prelievo di acqua, effettuando numerosi carichi di acqua potabile presso il serbatoio comunale, senza corrispondere la prevista tariffa al Comune, oltre al prelievo illegale dell’acqua da pozzi privati.