di Domenico Cacopardo
11 marzo 2020
«#iostoacasa» punto e basta, potrei affermare.
Ma non basta.
Mi sono dovuto recare di persona in un ufficio quasi all’altro lato della città. Se mi avesse fermato una polizia, una qualsiasi naturalmente, avevo predisposto una dichiarazione esimente e ragionevole, visto che ciò che dovevo fare potevo farlo solo di persona.
La sensazione che ho tratto nel percorso di andata e in quello di ritorno è di una certa, modesta riduzione del traffico pedonale. Approfittando della bellissima, primaverile giornata, i tavolini dei bar erano tutti occupati da allegri consumatori di cappuccini e leccornie varie, senza alcun riguardo alle distanze di sicurezza.
Il traffico automobilistico, invece, è ripreso alla grande, con il riprodursi dei soliti ingorghi nei punti cruciali.
C’è un comune denominatore tra i due fenomeni: l’assenza totale di forza pubblica. Non un carabiniere, un poliziotto, una guardia di finanza, un vigile urbano o provinciale. Nessuno. Né singolo né in pattuglia.
Sembra evidente che, senza una reale cogenza, cioè un obbligo garantito dalla forza pubblica, molta parte degli italiani non ha introiettato le dure esigenze imposte dal Covid-19.
Ricorro a un esempio di famiglia. 102 anni fa (Spagnola in corso), Elisa, sorella di mia madre, due bambini piccoli, venne contagiata dal marito, di ritorno di sera dal suo negozio di fiorista della centralissima Piazza Cavalli di Piacenza.
L’indomani mattina, l’uomo si svegliò febbricitante e nella serata spirò, seguito nella notte dalla moglie e dai figli.
Un esempio crudo e cruento che segnala come l’attenzione, lo stare in casa, sono misure profilattiche obbligatorie, volte a tutelare le persone e le loro famiglie, genitori e nonni compresi.
Non ci sono, ormai, aree di tranquillità, visto che con una migrazione al contrario tanti meridionali sono ritornati all’alma mater, la terra natia. È certo che una percentuale (analoga a quella dei contagiati rispetto alla cittadinanza) è portatrice del virus. E, di conseguenza, il sistema sanitario del Sud e delle isole sarà sotto stress. Con esiti tutti da vedere.
Ricordo per ricordo, accenno a una crudeltà subita. Avrò avuto quattro o cinque anni (relata refero), quando tentai di toccare con le mani la fiammella di un cerino. Mia madre lo spense e mi catechizzò, mentre mio padre ne accendeva un altro e me lo porgeva. Lo toccai, mi bruciai e compresi.
Non è che i nostri concittadini abbiano bisogno di bruciarsi per cambiare gli atteggiamenti irresponsabili?