Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
18/03/2020 10:20:00

Dalle zone rosse, diario dal disastro. I vigliacchi

di Domenico Cacopardo

18 marzo 2020

La storia dei messinesi a Madonna di Campiglio, incuranti di ciò che stava accadendo in Italia, benché tra di loro ci fossero dei medici, dimostra come ancora oggi c’è gente che non si informa e, se lo fa, non dà peso alle notizie della stampa nazionale e dei media. Testimonianza di un distacco che viene interrotto soltanto per qualche spettacolo di varietà (quel varietà fatto di consunte cariatidi che ogni pomeriggio la Rai ci serve a incremento costante e fastidioso del fastidio biblico di una reclusione a tempo indeterminato), o per qualche quiz. I «talk-show» votati, come sono, alla disinformazione, sono ormai stati sgamati e sono diventati la palestra degli addetti ai lavori e dell’ascolto degli ultimi mohicani di una politica ormai lontana mille miglia dal comune sentire.

A far da specchio all’allegra comitiva di sciatori messinesi, c’è la situazione dell’Ospedale Cardarelli di Napoli, il più grande nosocomio del Sud, nel quale 261 dipendenti, tra medici, infermieri, personale tecnico, ausiliario e amministrativo, si sono dati malati. Eppure la stragrande maggioranza del personale è presente e impegnata sino alla sfinimento nella battaglia in corso contro il Corona.

Dovremo ricordarci di questa gente che non ha alcun diritto alla privacy e che deve subire l’ostracismo sociale.

In guerra, disertori e autolesionisti sono fucilati dopo un processo sommario.

In quest’altra guerra, nella quale tutta l’Italia è impegnata, come lo fu nel 1915/18, non si fucilerà nessuno. La punizione verrà per ostensione dei nomi di coloro che non si sono associati, che, per vigliaccheria, non hanno partecipato allo sforzo di tutti, che hanno voluto ribadire d’essere partecipi e protagonisti di quello scollamento sociale che l’esigenza di battersi contro il virus ha fatto superare a tanti, alla maggioranza degli italiani.

Qui a Parma, il bollettino dei caduti si arricchisce ogni giorno di nuovi nomi noti. Tra essi spiccano medici, infermieri e sacerdoti. Gente in prima linea che s’è esposta senza calcolare il rischio cui si sottoponeva, per puro spirito del dovere nei confronti dei connazionali. Dei componenti della comunità che si chiama nazione, un concetto sorto e affermatosi, per noi, con il Risorgimento.

Tra i caduti, alcuni conoscenti. Amici no. Non ancora.

E questa imminenza ineluttabile pesa su tutti noi come un macigno.

Di fronte a essa c’è sì da resistere, ma, soprattutto, da guadagnare ore, giorni nell’assoluta obbedienza alle disposizioni di cautela e di diradamento sociale.

Un tempo, un modo, un’angoscia non se ne andranno senza conseguenze.

Dopo sarà la nuova Italia, di cui non sappiamo ancora nulla. Una nuova Italia post-bellica che dovrà scrivere il libro di un inatteso rinascimento.

www.cacopardo.it