di Rossana Titone - Siamo alla seconda settimana di quarantena, non si esce da casa se non per fare la spesa e per lavorare, i bisogni del cane sono diventati l’ora d’aria.
La libertà che è venuta a mancare, la libertà che abbiamo dato per scontata così tante volte, una restrizione che oggi ci viene imposta.
Certo, c’è da chiedersi a quale costo? Avremo salvato le vite, la nostra, quelle di altri, avremo contenuto i numeri del disastro ma anche noi, poi, avremo bisogno di aiuto.
La nostra psicologia è messa a dura prova, varchiamo i confini di casa e lì ci interfacciamo con il mondo esterno attraverso i social, le video chiamate.
Che bruttezza, che tristezza. Manca parlare da vicino con qualcuno, manca poter prendere un caffè in compagnia.
Due settimane, sembrano poche, sono una eternità. E chissà quanto tempo ancora ci vorrà prima di una nuova alba.
L’emergenza ha inchiodato anni di politiche sanitarie sbagliate, anni di tagli che sono diversi alla razionalizzazione.
In Italia le terapie intensive sono quasi sempre tutte occupate, questo ha significato bloccare tutti gli interventi non urgenti e rendere ogni spazio funzionale al contrasto da Covid-19.
Mi scuserete se oggi questa caramella non è romanzata ma ho bisogno di fornirvi dei dati.
Eccoli: in Lombardia i posti di terapia intensiva sono 1067,adesso grazie alle donazione di artisti e imprenditori cresceranno di molto. In Sicilia da 411 si passerà almeno a 200 posti più.
Due regioni lontane, con un approccio diverso alla Sanità, unite dalla corsa contro il tempo per allestire i reparti con i macchinari necessari per fronteggiare l’emergenza.
C’è una grande verità: i tagli alla Sanità andavano fatti in maniera diversa, non certamente per come sono stati operati, per non parlare di quelli alla ricerca.
Tagli che hanno colpito anche la terapia intensiva, dal 1997 al 2015 sono stati tagliati il 51% dei posti in terapia intensiva, ma in totale nell’ultimo decennio ci sono 10 mila posti letto in meno e soprattutto mancanza di personale medico ed infermieristico.
Ci voleva l’emergenza Covid-19 per implementare i fondi alla Sanità, disporre nuove ed immediate assunzioni, l’acquisto in urgenza di macchinari e di respiratori.
Intendiamoci, il nostro sistema sanitario resta uno dei migliori al mondo, una sanità accessibile a chiunque, ma tuttavia deficitaria di investimenti negli ultimi venti anni.
E’ questo il dato dal quale partire per comprendere che le scelte di una politica poco attenta può produrre disagi importanti ai cittadini, che in quel contesto diventano pazienti.
Non è il momento della polemica è, semmai, il momento in cui è necessario capire questo Paese dove vuole andare e come ci deve arrivare, partendo proprio dalla Sanità pubblica.