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22/03/2020 16:10:00

Dalle zone rosse, diario dal disastro. La trasparenza che manca

 di Domenico Cacopardo

22 marzo 2020

Ieri se n’è andato un personaggio che merita di essere ricordato anche per questo solo episodio della sua vita appassionata e avventurosa: l’aereo che appare nel film “Il paziente inglese” era suo e lo pilotava lui.

Pino Valenti era un avvocato parmigiano, amico di Francesco Cossiga, che me l’aveva segnalato quando venni a Parma nel 2005.

Racconta un amico comune (il raffinato giornalista Filiberto Molossi): un giorno mi portò al suo hangar nell’aeroporto di Parma. Aprì e mi disse: “Getta un occhio dentro: quello è l’aereo dell’Oscar.” Una delle due mitiche macchine volanti -un Tiger Moth e uno Stearman- su cui aveva sorvolato il deserto di Tunisia ne “Il paziente inglese”, il film delle 9 statuette con tanto di cast all star diretto da Anthony Minghella.

Uno di quei personaggi che segnano una comunità, un ambiente, un’epoca. Appassionato di aerei ne ricostruì perfettamente alcuni che pilotava, diventando una vedette internazionale dei vari saloni aeronautici mondiali, sino al film fatale che ne fece conoscere l’opera (l’aereo) in tutto il mondo.

Avevo deciso di non parlare di morti in questo diario, ma per Valenti compio un’eccezione, che rimarrà unica. Un’eccezione perché alcuni, forse molti, lettori hanno visto il film e, in esso, il suo aereo e potranno attribuire a lui quegli attimi di piacere che lo spettacolo ha dato loro.

Quanto al nostro laico disastro quotidiano, oggi, mi sono svegliato con un interrogativo angosciante in testa: e la cavalleria? Le colonne di giubbe blu sono partite da Fort Lauderdale in soccorso degli assediati di Altona, di Fort Alamo, di Forth Worth? O, è bastato il disastro di Little Big Horn con lo sterminio di Custer e dei suoi uomini per impedirci di ragione e di difenderci? Nel nostro caso -e l’abbiamo chiamata Caporetto- si tratta della tragedia lombarda di cui nessuno ci ha detto alcunché: né le autorità regionali né quelle nazionali. Silenzio di tomba, altro che trasparenza, quella ribadita da Giuseppe Conte sabato sera.

C’è dell’altro da prospettare. Sul piano della comunicazione, sul quale è miseramente crollata la macchina da guerra grillina, capace di disfare ma non di fare. Suggerisco a tutti, ma in particolare agli uomini di Palazzo Chigi, di cercare, vedere e studiare le conferenze stampa di Andrew Cuomo governatore dello Stato di New York: è lui in prima persona che spiega ai suoi cittadini cosa sta accadendo, cosa si sta facendo, quali sono i problemi cruciali, quali le iniziative in corso e i tempi di realizzazione. Lui solo, non come in una esplicita manifestazione di incompetenza e di impotenza, fa -accompagnandosi a qualche scienziato- il povero Angelo Borrelli ogni giorno alle 18, ormai mortifero nuncio della sera.

E qui torna la trasparenza: che manca, latita, si dissolve nello scarno comunicato nel quale spesso i totali sono errati. Si dice per colpa delle regioni che, in materia di trasmissione dei dati, operano a proprio comodo. Come a proprio comodo disegnano un’Italia a macchia di leopardo, con differenze anche sostanziali tra territori confinanti: ma perché qualcuno non batte i pugni sul tavolo pretendendo puntualità e omogeneità?

Certo, lo vediamo tutti, non c’è una centrale di comando, e, in assenza, navighiamo nel caos delle differenti posizioni tra Roma e le piccole capitali regionali, da tempo diventate centri di potere e ora, alle prese con un vero problema, in gravi, insormontabili difficoltà, con una sola via d’uscita: incolpare il governo. Ci vuol poco a capire che, mancando una vera centrale di comando, noi rimarremo asserragliati in Altona, in Forth Alamo, in Forth Worth, aspettando che l’attacco si esaurisca. Dal che, il comando “Chiudetevi in casa!”

È purtroppo vero che non c’è classe dirigente e che molti a Roma sembrano degli scappati di casa, altri sono completamente fuori posto, altri ancora capitati lì per caso. Ma è anche vero che in questa dura circostanza l’Italia e gli italiani hanno mostrato una tempra non immaginata di cui l’espressione più reale e immaginifica è data dalla foto della gente di Prato disciplinatamente schierata in attesa di entrare in un supermercato.

Insomma, tutto - dice Conte - è nelle nostre mani, nella nostra volontà di eseguire gli ordini dell’autorità, quando tutto invece dovrebbe essere nelle sue, di mani: la difesa, l’approntamento di scudi idonei (ospedali dedicati) e, poi, la controffensiva con operazioni di massa (Corea docet).

Certo, non tutto è perduto, benché l’Italia salita a dismisura nella classifica dei paesi del contagio, non sia lontana dal raggiungere la Cina.

Mentre rimaniamo disciplinatamente in casa dediti a oziose occupazioni, gli uomini e le donne di governo non possono rimanere lì paralizzati dalla paura di decidere.
Prima di tutto spiegateci quello che bolle in pentola, se bolle qualcosa. E, in secondo luogo, decidete o affidatevi a qualcuno che abbia il coraggio, la competenza e il patriottismo per decidere.