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30/03/2020 14:40:00

Dalle zone rosse, diario dal disastro. Passo e chiudo

di Domenico Cacopardo

30 marzo 2020

Al paese di mia madre, Monticelli d’Ongina (Piacenza), si dice «un bel gioco dura poco», figuriamoci quando si tratta di una pandemia e delle sensazioni che un relegato tra le pareti domestiche può porgere a chi, fortunatamente, vive nella «Land, wo die Zitronen blühn» (J. W. Goethe, Kennst du das Land, wo die Zitronen blühn – 1795), “terra dove fioriscono i limoni”.

Un amico danese, mi disse una sera davanti a un piatto di aringhe e una pinta di birra: «Noi danesi non comprendiamo come voi italiani riusciate a essere allegri senza ubriacarvi.» Non c’era ironia, solo ammirazione nel suo volto, ignaro di cosa ci sia dietro alle facce sorridenti e allegre di tanti italiani.

Vi lascio con una favola non mia, peraltro ben nota.

«C’era una volta un’estate afosissima e una cicala a cui non piaceva né sudare né far fatica. L’unica cosa che le piaceva era cantare tutto il giorno. Sotto il ramo dell’albero su cui era comodamente sdraiata la cicala, passava avanti e indietro una formica, tutta indaffarata a portare sulla schiena un sacco di cose: pezzetti di cibo, sassolini, legnetti ecc.

La cicala, vedendo quanto era sudata la formica, iniziò a prenderla in giro:

– Vieni quassù con me formica. Fa più fresco e, mentre ti riposi, cantiamo insieme qualche canzone – e, così dicendo, iniziò a cantare ‘O sole mio’.

– Grazie mille per l’invito, cicala, ma sono occupata a far provviste per l’inverno e a sistemare la mia casetta per proteggermi dal freddo, quando arriverà – e, così dicendo, continuò ad andare avanti e indietro per il prato.

– Ma l’estate è ancora lunga – continuò la cicala – e l’inverno ancora lontano. Non preoccuparti adesso, ci sarà tempo più avanti!-
E poi venne un dicembre gelido come non mai.

- Buonasera cicala, cosa ti porta qui da me?-

– Buonasera formica – rispose tutta infreddolita la cicala, tremando nel leggero cappottino che aveva addosso. – Ho freddo, ho fame e non ho un tetto dove passare la notte.-

La formica la guardò con compassione.

– Ah! Cicala, ricordo bene le calde giornate d’estate in cui, mentre io faticavo per metter via provviste e costruirmi una casa, tu, beata sul tuo ramo al fresco e all’ombra, cantavi e cantavi … Beh, facciamo così: entra, per questa volta ti aiuterò e ti darò da mangiare e un letto per dormire. Tu però prometti che la prossima estate mi aiuterai a far provviste.»

È questo il punto.

Quindi, come si scrive negli atti giudiziari, «pqm» concludo oggi questo diario, ringraziando Giacomo Di Girolamo, appassionato e qualificato direttore di questa testata e Marco Didimo Marino, giovane intellettuale di sicuro avvenire e che onora e onorerà la sua terra, una volta anche mia, col quale combinammo per il prezzo di cinquanta denari d’oro massiccio questa mia provvisoria e contingente rubrica. Ringrazio anche voi, lettori, che, secondo le statistiche di Tp24, avete seguito la mia fatica di confinato.

Sento, peraltro, l’obbligo civile e morale di dare atto all’esercito della sanità italiana, a tutti coloro ovunque operando sono scesi in campo con le loro possibilità e competenze e, infine, a chi in buona fede, non mosso da fini politici o partitici, anche sbagliando, ha cercato di contribuire alla gestione della crisi.
A rivederci, magari per un aperitivo prima di un cous-cous della Rembrandt del cous-cous secondo l’illustre e fondata opinione di Ferdinando Scianna, il grande fotografo isolano.