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22/04/2020 19:09:00

Trapani, per il rilancio economico il sindaco Tranchida scrive a Conte, Sassoli e Musumeci

 “Per affrontare il dopo Coronavirus, come in molte altre realtà locali, l’economia trapanese deve sicuramente rimodulare le strategie nel settore turistico, ancor più provando a fare sistema con la filiera agroalimentare ed il sistema culturale d’aria territoriale ottimale. Invero, prendendo spunto dalla felice esperienza alla candidatura di Trapani a Capitale Italiana della Cultura, l’ottima guida del Distretto saprà, unitamente al territorio provinciale coinvolto, trovare le giuste proposte così come, al pari, sarà utile e conducente la sinergia positivamente avviata con l’Assessorato allo Sviluppo Economico sapientemente guidato dall’Assessore Avv. Andreana Patti”. Il sindaco Giacomo Tranchida ha scritto una lettera al premier Giuseppe Conte, al presidente del Parlamento europeo David Sassoli e al governatore Nello Musumeci, tracciando le linee guida per il rilancio economico.

Agricoltura. Il sindaco dice: “Per ciò che riguarda l’agricoltura nella provincia di Trapani, oltre che sulla olivicoltura, la stessa si basa principalmente su due coltivazioni predominanti: la viticoltura da vino e la cerealicoltura con il grano duro; coltivazioni che, se difese dalle leggi comunitarie, nazionali e regionali possono dare risposte alle popolazioni meridionali e garantire salute a tutti quei consumatori che si cibano di prodotti ecosostenibili”.

Viticoltura. Scrive Tranchida: “La provincia di Trapani è stata considerata nel passato la più vitata d’Italia e d’Europa. La Sicilia nel 2009 vantava 124.924 ettari di superficie vitata da vino e la provincia di Trapani ne contava 67.000 ettari circa il 54%. Qualche decennio prima gli ettari vitati erano circa 160.000. Adesso gli ettari sono 103.000 a livello regionale e la provincia di Trapani ha ancora oltre 50.000 ettari di superficie vitata. Il punto di forza principe della vitivinicoltura siciliana è il clima asciutto che permette di produrre con pochi trattamenti chimici le produzioni convenzionali. Il biologico è praticato ed è facile rispettare l’assoggettamento. La sperimentazione ha portato alla qualificazione di vitigni autoctoni: Nero D’Avola, Inzolia, Catarratto, Grillo e di alloctoni. Il sistema di allevamento maggiormente utilizzato, con la diffusione della meccanizzazione della raccolta, è quello della controspalliera. In Sicilia, così come nel meridione, nel corso degli ultimi 15 anni imprese dotate di un intenso dinamismo sono emerse sui mercati nazionali e internazionali con produzioni di pregio, proiettando la vitivinicoltura meridionale verso uno scenario competitivo. L’Italia è membro dell’OIV (Organizzazione Internazionale della Vigne e del Vino) e il Ministero dell’agricoltura partecipa ai lavori di questo organismo intergovernativo a carattere scientifico e tecnico avente una competenza riconosciuta nel settore della vigna e del vino. l’OIV si occupa di viticoltura sostenibile, di aspetti ambientali, sociali, economici e culturali. La Sicilia e la provincia di Trapani ripongono molte aspettative dalla valorizzazione delle produzioni ecosostenibili.

Cerealicoltura – grano duro. “In Italia – spiega Tranchida - si importano oltre due milioni di tonnellate di grano duro dall’estero per soddisfare le esigenze soprattutto dei pastifici italiani che producono pasta per il mondo intero. I pastai italiani rispettando le leggi vigenti considerano il parametro delle proteine al 14% unico parametro di qualità, tralasciando la eventuale presenza di glifosato (diserbante, utilizzato nei paesi nostri fornitori per fare seccare il grano) o di micotossine cancerogene ( prodotti dalle muffe che si sviluppano nei paesi a clima umido) . Per la maggior parte dei Paesi del mondo, che esportano anche in Italia milioni di tonnellate di grano duro,i valori massimi del DON nei cereali sono compresi fra i 750 e 1000 parti per miliardo, mentre in Europa e quindi in Italia, il limite è fissato a 1750 dal regolamento CEE n. 1881/2006. Paesi come il Canada hanno per il consumo interno il limite di 1000 parti per miliardo di micotossine consentite nelle granelle. L’altra parte del grano prodotto che non possono utilizzare per alimento, e che rientra entro il limite di 1750, viene venduto a prezzi stracciati anche in Europa ed in Italia. Nel sud Italia, soprattutto in Sicilia ma anche in Puglia, tutto il grano duro prodotto è privo di micotossine cancerogene. Il sole rende il grano duro italiano prodotto dalla Basilicata e fino in Sicilia al momento del raccolto perfettamente maturo, asciutto, quindi non in condizioni di sviluppare micotossine nocive all’alimentazione umana. Questa anomalia determinata dalla non competitività del prezzo rispetto a quello praticato da altri Paesi ha comportato l’abbandono di 600 mila ettari di superfici seminativa alla coltivazione di grano duro. Se nel futuro si privilegia la salute dell’uomo, allora, rivedendo il regolamento comunitario 1881/2006, si può dare dignità al lavoro dell’uomo a livello economico riconoscendo il giusto prezzo alle produzioni di qualità”.