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28/05/2020 06:00:00

Mafia: "Scrigno" e il ruolo di Giuseppe Piccione, intermediario tra le "famiglie" trapanesi

 Oggi concludiamo la terza ed ultima parte dell'approfondimento sull’operazione "Scrigno". Qui potete leggere la prima e qui la seconda

Nell’indagine condotta da procura e carabinieri, la figura di Giuseppe Piccione appartenente alla famiglia mafiosa di Marsala, entra in collegamento con Cosa nostra trapanese per conto del suo referente principaleVito Vincenzo Rallo, boss di Marsala, e lo fa, sia per il controllo delle attività economiche sul territorio, sia per il procacciamento dei voti ai candidati “graditi” ai mafiosi in occasione delle diverse tornate elettorali, rafforzando in questo modo l’alleanza con la famiglia trapanese di Cosa Nostra. E', insomma, l'uomo che fa da collante tra le due famiglie.

Il ruolo di Giuseppe Piccione - Tramite le intercettazioni e il pedinamento gli inquirenti hanno conferma di come Giuseppe Piccione sia attivo per il mantenimento e l’agevolazione dei rapporti tra i vari associati mafiosi, anche appartenenti alle diverse famiglie del trapanese; abbia il compito di mettere fine alle controversie anche di natura economica e di rafforzare l’inserimento del clan nel circuito imprenditoriale nell’attività edile e della speculazione immobiliare. Giuseppe Piccione è per gli inquirenti, un elemento importante nell’alleanza tra famiglia marsalese, alla quale appartiene, e quella trapanese guidata dai fratelli Francesco e Pietro Virga.
In particolare, la sinergia tra le due famiglie mafiose è finalizzata alla gestione occulta dei lavori edili. Proprio sugli affari mafiosi nell’isola di Favignana, è stata documentata la riunione mafiosa organizzata il 16 febbraio 2017 presso il baglio di Vito D’Angelo dove erano presenti Francesco Peralta, Mario Letizia, Giuseppe Piccione e Nicolò Sfraga.

Gli interessi nei cantieri di Favignana - L’affare riguardava la raccolta degli inerti su alcuni cantieri edili allestiti sull’isola e per tale attività imprenditoriale era necessario trasportare i classici raccoglitori –indicati con il termine “cassoni” – da collocare nei cantieri interessati.
Dal dialogo tra Francesco Virga e Giuseppe Piccione del 2 marzo 2017, si comprende in modo chiaro che erano stati i marsalesi a individuare la ditta che avrebbe eseguito la raccolta degli inerti su Favignana e che i contatti con il titolare erano stati mantenuti direttamente da Nicolò Sfraga, il quale, a sua volta, li aveva condivisi con Vito Vincenzo Rallo e Giuseppe Piccione.

L'estorsione ad un commerciante - In uno degli degli incontri riservati tra Francesco Virga e Giuseppe Piccione, tra i temi della strategia comune che riguardano, l’illecita gestione degli appalti sul territorio della Sicilia occidentale, la risoluzione di dissidi tra privati; l’attività intimidatoria verso alcuni operatori economici recalcitranti alle richieste estorsive; il modo in cui spartirsi i proventi di danaro ricavati con le attività illecite. Nella conversazione del 2 marzo 2017 tra Francesco Virga e Giuseppe Piccione, i due hanno discusso pure di iniziative violente nei confronti di imprenditori di commercianti insofferenti alle loro richieste. La vicenda riguardava un commerciante, Paolo Maggio, titolare di una ditta di materiale edile a Favignana, colpevole d’aver assunto atteggiamenti non graditi alla organizzazione mafiosa. VIRGA:glielo dobbiamo fare, possiamo... perché si sta comportando un poco male”.

La cassa comune -  La convergenza degli interessi, tra le famiglie mafiose di Trapani e Marsala, è confermata anche dalla conversazione tra Francesco Virga e Giuseppe Piccione intercettata l’11 aprile 2017, nella quale, Piccione propone a nome del suo boss, Vito Vincenzo Rallo, la creazione della cassa comune.                                                                                                                                                   PICCIONE: “Uno rimane... dici va bene, dobbiamo uscirne ...inc... si prendono questi soldi... creare una cassa in contanti per vedere di fare... e Vincenzo tieni qua”.
E Giuseppe Piccione precisava che la cassa comune poteva essere alimentata, come concordato con Vito Vincenzo Rallo, attraverso i guadagni
provenienti da un nuovo affare in cantiere, una speculazione immobiliare su immobili di un commerciante marsalese, Massimo Stalteri.                                                                                                                                                                                 PICCIONE:Così e ora c’è un’altra cosa, ne ho parlato l’altro giorno con Vincenzo... sai quello STALTERI ...inc... questo si è mangiato nel giro di 3 o 4 anni un patrimonio ed è fallito; il negozio ...inc... ha un appartamento più di 170 metri quadri ...inc... calcola che per finirlo ci vogliono 40 mila euro...”.
Piccione, in breve, proponeva di acquistare tramite dei prestanome uno degli immobili del commerciante marsalese, nonché di completare i lavori di ristrutturazione, con un preventivo di spesa valutato in circa 40.000€, per la realizzazione di due miniappartamenti che sarebbero stati rivenduti per poi destinare il ricavato alla costituzione di una cassa comune per gli interessi delle rispettive famiglie mafiose.

La proposta avallata da Virga - La proposta allettava Francesco Virga il quale, alla ricerca di nuovi e illeciti affari da realizzare, condivideva il progetto, aggiungendo che la creazione della cassa comune, avrebbe permesso alla loro organizzazione mafiosa di disporre in tempo reale dei contanti necessari per ogni evenienza “e uno deve lavorare con i soldi in mano... fino a quando non c’è da fare un affare...”.