Si sono concluse, in Corte d’appello, a Palermo, le arringhe difensive nel processo di secondo grado ai dieci presunti mafiosi marsalesi coinvolti nell’operazione dei carabinieri “Visir” che l’11 luglio 2018, in abbreviato, sono stati condannati a quasi 115 anni di carcere dal gup di Palermo Nicola Aiello.
La sentenza d’appello potrebbe essere emessa il 18 giugno. In primo grado, la pena più severa (16 anni di carcere) fu quella decretata per il nuovo presunto “reggente” della cosca marsalese: Vito Vincenzo Rallo, 60 anni, pastore, già tre condanne definitive per mafia sulle spalle per una quindicina d’anni di reclusione.
Quattordici anni, invece, sono stati inflitti a uno dei due “colonnelli” della cosca: Nicolò Sfraga, 53 anni, considerato il “braccio destro” di Rallo.
Per l’altro presunto “braccio” operativo, Vincenzo D’Aguanno, di 59, il gup ha decretato 12 anni e 8 mesi. A 12 anni ciascuno, invece, sono stati condannati Michele Lombardo, di 58, imprenditore, Simone Licari, di 61, con precedenti per fatti di droga, e Ignazio Lombardo, detto “il capitano”, di 49 anni, nipote (e per un certo periodo, pare, anche suo sostituto) dell’anziano “uomo d’onore” Antonino Bonafede. Dieci anni e 8 mesi, poi, per Giuseppe Giovanni Gentile, detto “testa liscia”, di 46 anni, dieci anni per Aleandro Rallo, di 27, nipote del boss Vito Vincenzo, nove anni per Calogero D’Antoni, di 38, e cinque anni e 4 mesi per Massimo Salvatore Giglio, di 44. Quest’ultimo condannato per concorso in associazione mafiosa e favoreggiamento. Il Pg ha chiesto la conferma delle condanne emesse in primo grado. Ad assistere la maggior parte degli imputati è l’avvocato Luigi Pipitone. Gli altri difensori sono Paolo Paladino (per Rallo e Lombardo), Daniela Ferrari, Giuseppe Oddo, Raffaele Bonsignore e Pietro Riggi. Nel processo, sono parti civili Sicindustria e Associazione antiracket e antiusura Trapani, rappresentate dall’avvocato Giuseppe Novara, l’Associazione antimafie e antiracket “La Verità Vive” di Marsala, il cui legale è Giuseppe Gandolfo, l’Associazione Antiracket Alcamese (legale Davide Bambina) e il Centro “Pio La Torre” di Palermo (legale Ettore Barcellona). Per loro il gup Aiello dispose il risarcimento danni, rinviando però la quantificazione economica al giudice civile. L’inchiesta “Visir” è nata nell’ambito di quella più complessiva che mira a catturare il superlatitante Matteo Messina Denaro. I reati contestati, a vario titolo, ai 14 arrestati del maggio 2017 sono associazione mafiosa, estorsione, detenzione illegale di armi e altri reati aggravati dalle finalità mafiose. Le indagini hanno delineato i nuovi assetti e le gerarchie della cosca di Marsala. E alla luce sono venute anche alcune tensioni interne sull’asse Strasatti-Petrosino (che stavano per sfociare in gravi fatti di sangue) per la spartizione delle risorse finanziarie derivanti dalle attività illecite. Tensioni che all’inizio del 2015 hanno visto l’intervento di Matteo Messina Denaro, che ha imposto la pace facendo intendere che altrimenti sarebbe sceso lui in campo con il suo “esercito”.