di Marco Marino
Intervista a Enrico Caruso, direttore del Parco Archeologico di Lilibeo-Marsala
Direttore, il Parco Archeologico di Lilibeo come sta progettando la sua estate?
Il Parco sta lavorando per mettere i visitatori nelle condizioni di apprezzare non solo gli spazi del museo e del parco, ma anche un ricco programma di eventi culturali. Come abbiamo fatto l’anno scorso: tutti gli appuntamenti sono andati benissimo e quindi perché non riprovarci? Non deve essere il coronavirus a bloccarci.
È più difficile riprovarci quest’anno, dopo la pandemia?
Stiamo pensando al programma da proporre e soprattutto ai luoghi da utilizzare per gli spettacoli. Ci sarà sicuramente il nostro giardino per dei piccoli appuntamenti, cinquanta o sessanta posti. Non abbiamo le sedie, anche quest’anno dovremo chiederle al comune. Ma è un altro l’obiettivo che vorremmo raggiungere. La nostra idea è di recuperare il Baglio Tumbarello, che ha un cortile stupendo. Così grande, pensate, che secondo un progetto che abbiamo già studiato, prendendo soltanto un quarto della sua superficie, potremmo avere più di trecento posti a sedere. Già distanziati, naturalmente. Sarebbe lo spazio per gli eventi più vasto di tutta la provincia. Nessun altro posto possiede le stesse qualità, che sia in centro, sul mare. La realizzazione del nostro obiettivo, però, è complessa. Ci vogliono dei fondi, e non sappiamo come muoverci. C’è il cancello arrugginito, il problema dei bagni da ripristinare, e tante altre cose da riparare. Abbiamo la promessa di un piccolo finanziamento.
Da parte di chi?
Da parte dell’onorevole Eleonora Lo Curto, che ha la possibilità di riconoscercelo. Intanto, ho chiesto al Comune di Marsala l’aiuto di un tecnico per gestire la situazione.
Altro luogo che l’anno scorso è ritornato ad essere uno splendido teatro di concerti e rappresentazioni è certo il Decumano Massimo… O Plateia Aelia? Vogliamo chiarire, una volta per tutta, come lo dobbiamo chiamare?
È una domanda facile. Marsala è una città di origine punica, fondata da Cartagine. Qual erano i modelli a cui i Cartaginesi erano più legati? Non certo quello romani, perché il Cardo Massimo e il Decumano Massimo sono le strade che si incrociano ad angolo retto nei castra romani. I castra sono gli accampamenti. Negli anni Sessanta, quando hanno cominciato a studiare l’urbanistica di Lilibeo, pensavano che questa topografia fosse più diffusa, invece non era affatto così. È un impianto che si trova in tutte le città di origine romana: se noi andiamo a Torino, nell’antichità “Augusta Taurinorum”, era composta da isolati quadrati basati su due strade ortogonali. A Torino era ed è così ancora oggi. A Marsala non c’è e non ci poteva essere questo impianto, perché è come se avessero voluto sperimentare una topografia che sarebbe stata usata appena tre secoli dopo la sua fondazione.
E qual è l’impianto della città antica, allora?
È un impianto di tipo greco, perché Fenici e Greci erano due popolazioni complementari. Che si costituisce per strigas, che sono degli isolati di forma rettangolare. Rettangolari, non quadrati come lo sono per l’impianto romano. Nella città antica c’erano delle strade grandi, che si chiamavano plateiai, e delle strade secondarie, gli stenopoi. Quello che è stato volgarmente chiamato Decumano Massimo era una strada principale, una Plateia.
Chiarissimo. La Plateia Aelia ha riaperto una settimana fa, quando riaprirà il museo?
Aspettiamo di risolvere le ultime misure di cautela, ma sicuramente tra pochissimi giorni riaprirà anche il museo.
Che lavori avete fatto?
Abbiamo rifatto il bancone con la biglietteria e abbiamo curato un percorso, con una precisa segnaletica, perché non ci sia il rischio che la gente finisca per incrociarsi.
È cambiata in qualche modo la disposizione dei reperti archeologici?
No, assolutamente no. Abbiamo un percorso cronologico e topografico che va benissimo.
Vorrei chiederle di alcuni degli argomenti più discussi di queste ultime settimane. Cominciamo: la recinzione del Parco si toglie o non si toglie?
Quando è stata fatta la recinzione, più di quindici anni fa, scrissi un articolo in cui sostenevo che era sbagliato farla in questo modo. D’altra parte, oggi, non posso dire semplicemente: la tolgo. Mi spiego meglio. Non più di dieci anni fa è stata realizzata la passerella in legno per vedere la domus romana, questa passerella oggi non si può utilizzare, altrimenti uno rischia di farsi male. Infatti, ne abbiamo inibito l’uso. Eppure la parte che sta sotto la tettoia è ancora in buone condizioni ma giusto da lì hanno rubato i cavi d’acciaio che impedivano alle persone di cadere. Quindi che cosa vuol dire? Che nonostante la recinzione, qualcuno è entrato e s’è portato via i cavi. Secondo voi è mai possibile che lì si apra tutto e che ognuno faccia liberamente ciò che vuole? Questo è il limite. Ma le faccio un altro esempio. C’era un bellissimo mosaico, che era stato scoperto nel Trentanove, raffigurava una sorta di capretto o stambecco, non s’è mai capito. Questa capretta, o stambecco, non c’è più, ne è rimasta solo la testa. Perché chi veniva, quando tutto era aperto, pensava bene di portarsi la tesserina a casa come ricordo. Morale della favola: niente più capretta.
C’è chi si lamenta di dovere pagare un biglietto per attraversare la zona del Parco per raggiungere il lungomare.
Ma non si deve pagare alcun biglietto per entrare nella Plateia Aelia, per l’esclusivo attraversamento rilasciamo un biglietto gratuito. C’è infatti un addetto del Comune che vigila su chi entra.
Ma se qualcuno volesse fare jogging all’interno del Parco, potrebbe farlo?
In realtà, no. Siamo sempre lì, l’area archeologica non dobbiamo pensarla come un’area libera, dove ognuno fa quello che vuole. Un ulteriore appunto: al momento lo spazio è pulito perché il Comune ha tagliato l’erba. Ma dove vogliamo correre? Sull’erba che nessuno pulisce perché non abbiamo i fondi per farlo? Io potenzialmente non avrei problemi ad autorizzarlo, però è una cosa che andrebbe studiata bene e seriamente.
Ritorniamo un attimo sul biglietto: perché un marsalese deve pagare il biglietto per entrare nel Parco Archeologico della sua città?
Perché un marsalese deve pagare il biglietto per andare al cinema?
Quanto costa il biglietto?
Costa quattro euro. Purtroppo, è un biglietto ridicolo. Sono anni chiedo di aumentarlo. Perché le cose se si pagano, hanno un valore; se non si pagano, non hanno alcun valore. La proposta che ho avanzato, invece, è una sorta di abbonamento esclusivo per i marsalesi, che pagano una volta l’anno una quota fissa, e possono entrare quando vogliono. Voglio ricordare un aspetto molto importante, il Parco dall’anno scorso è un Parco autonomo…
Possiamo spiegare cosa significa “autonomo”?
Cioè ha autonomia scientifica, amministrativa ed economica. Come tutti i Parchi siciliani. Questo significa che il Parco dovrebbe reggersi solo sui proventi dei biglietti. Pensate, quindi, che sia normale lasciarlo libero? Come sarà possibile sopravvivere?
L’anno scorso c’era un problema con la costituzione della tesoreria, che impediva al Parco di Lilibeo proprio quell’autonomia economica di cui parlava.
E oggi ancora aspettiamo. Per il momento, di fatto, il Parco di Marsala ha solo autonomia scientifica e amministrativa. Se noi dovessimo lavorare coi soli introiti del Parco, non saremmo un Parco di terza categoria, ma di centesima categoria. Il parco produce non più di 50 mila euro l’anno. Che ci facciamo con 50 mila euro l’anno? A malapena si regge Selinunte che arriva a un milione euro. Noi non ci arriviamo, nemmeno lontanamente. Sebastiano Tusa aveva pensato che ci potesse essere un fondo di solidarietà, per cui i Parchi più grandi mettevano a disposizione dei Parchi più piccoli una quota delle loro entrate. Si era pensato al 10%. Ma non c’è ancora una legge che lo prevede né un regolamento, quindi siamo come color che son sospesi. Siamo sospesi, da un anno.
Ma da cosa dipende questa enorme discrepanza tra il Parco Archeologico di Marsala e quello di Segesta o di Selinunte? Ci raccontiamo sempre di avere le più importanti scoperte archeologiche del Mediterraneo…
Sono diverse le ragioni. Intanto, Segesta ha un tempio. E noi un tempio non l’abbiamo: il tempio ha una narrazione immediata e un grande fascino. Un altro pregio: “Segesta” è un’uscita dell’autostrada. Poi: è a due passi da Palermo, si trova lungo i percorsi di visita, perché chi da Palermo va a Selinunte passa da Segesta. Per argomentare la questione del tempio: a Marsala mancano dei monumenti attraenti, che destano facilmente stupore. Abbiamo monumenti importantissimi, forse ancora più importanti di un tempio, come la Grotta della Sibilla. Strutture che hanno una tenuta nella storia e un uso continuato dal IV secolo a.C. ai nostri giorni. Abbiamo davvero reperti straordinari. Straordinari dal punto di vista storico, dal punto di vista del costume, straordinari dal punto di vista della storia dell’uomo e dei suoi riti. Ma non sono un tempio. Qui da noi devi essere colto per capire. E allora bisogna cambiare narrazione.
Da dove bisognerebbe ripartire?
I problemi sono principalmente due. Il primo: i circuiti turistici. Marsala è fuori dai circuiti turistici. Perché i percorsi mettono insieme Taormina, Villa del Casale, Agrigento, Selinunte e Segesta. Marsala non c’è in questo percorso. Quindi, siamo fuori dai circuiti turistici, e secondo: l’aeroporto è chiuso. Una catastrofe, perché la gente che arrivava, magari si fermava qua mezza giornata prima di andare a Selinunte o ad Agrigento. C’è da sottolineare una cosa, però: sempre, tutti i visitatori che passano dal nostro parco, rimangono entusiasti, nessun va via deluso.
Ma con la storia della Grotta del Pozzo che abbiamo raccontato poco tempo fa? Com’è andata a finire?
Faccio una premessa. Il Parco di Marsala è l'unico in Sicilia ad avere un perimetro piccolissimo e nessun sito complementare: una sorta di riserva indiana, insomma, non un Parco che, per definizione, è un'area vasta. Agrigento ha un'intera provincia con l'arcipelago delle Pelagie e città antiche come Eraclea Minoa, Adranon (Monte Adranone) che in realtà erano subcolonie di Selinunte. Lilibeo, invece, è tutta racchiusa nel recinto del Parco e in alcune aree esterne, comunque dentro la città di Marsala. Continua ad avere un solo monumento fuori dal Comune, la Grotta del Pozzo di Favignana. Le aree archeologiche delle Egadi sono rimaste invece alla Soprintendenza e lo Stabilimento Florio (Tonnara) è stato affidato al Museo Pepoli di Trapani. Le competenze sono quindi divise su tre istituti: a noi è toccato quello che può avere maggiori problemi, anche seri per la visita e per le responsabilità che ne derivano, senza assegnazione di personale di custodia per la sua cura e senza alcun possibile ritorno economico.
Qual è il suo sogno per il Parco?
Fare un Parco Archeologico del Mediterraneo. Fare sistema, è questa l’unica cosa da fare. Marsala dovrebbe fare sistema con Mazara e con Favignana. Dovrebbe comprendere le Egadi in un sistema di parco. Tra l’altro, era già previsto. Nel 2010 il programma dei parchi prevedeva questo: mettere insieme Marsala con Favignana. All’epoca non si pensava all’ipotesi di includere anche il Museo del Satiro, ma secondo me Marsala Mazara e Favignana dovrebbero formare un unico parco. Un Parco dei reperti emersi dal Mediterraneo, che abbia il mare come comune narrazione. E come comune identità.