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30/06/2020 06:00:00

Don Baldassare Meli. Il prete degli ultimi, lasciato solo dai primi

 Ha ragione il vescovo Domenico Mogavero quando dice che è l’ora di raccogliere il testimone dell’eredità di don Baldassare Meli. Un’eredità “singolare, ricca, impegnativa”, ha aggiunto il vescovo nella sua omelia durante il funerale celebrato nella parrocchia Santa Lucia di Castelvetrano.

Sì, perché il lascito di don Meli va oltre il dono del sorriso, dell’abbraccio, del perdono e del conforto. E sta nella volontà di esporsi, di denunciare, di dire la verità senza prudenze interessate.

Un approccio per il quale non sempre ha ricevuto consenso.

 

E l’esempio più evidente è quella storia degli “orchi dell’Albergheria” quando, nella Palermo degli anni ’90, fece arrestare e condannare i pedofili che avevano distrutto l’infanzia dei più piccoli.

Un periodo difficilissimo per don Meli che, insieme al suo braccio destro don Roberto Dominici, furono oggetto di discredito, di accuse e perfino di botte. Don Roberto fu accerchiato e picchiato ed per entrambi furono messe in giro voci infamanti, forse da quelli che non volevano venissero fuori altri nomi coinvolti in quell’orrore.

Un orrore organizzato, fatto da chi adescava i bambini, chi li portava in determinate feste notturne, chi ne abusava, chi faceva foto e filmini e chi smerciava le videocassette nelle case o addirittura al vicino mercato di Ballarò. Bambini come merce, per persone importanti, alta borghesia. Bambini stuprati. E a volte anche frustati.

Furono fatti degli altri arresti e ci furono parecchie condanne, ma poi si fermò tutto.

Gli altri nomi non vennero fuori. Mai. Sepolti da un ventennio di silenzio che dura ancora oggi.

Don Meli invece fu cacciato da Palermo. Trasferito a Castelvetrano.

E non è vero che la Chiesa lo fece per tutelarlo. Il prete degli ultimi, fu lasciato solo dai “primi”, in balìa degli stessi familiari dei bambini, che cominciarono a vedere in lui la causa dei loro problemi.

 

Ecco perché l’eredità di don Meli è “singolare, ricca e impegnativa”.

 

E a Castelvetrano, don Meli continuò ad occuparsi degli ultimi, aiutando le persone più disagiate del quartiere Belvedere, dove la sua parrocchia diventò punto di riferimento.

Si occupò anche di immigrati, così come aveva fatto a Palermo, coinvolgendo attivamente i giovani del territorio.

Continuava ad esporsi. A tentare di cambiare le cose.

Come quando protestò contro il decreto “sicurezza bis” di Matteo Salvini che doveva ancora essere votato in Parlamento: “Digiunerò e pregherò invocando lo Spirito Santo su tutti i parlamentari – aveva detto - perché scelgano di difendere la vita, la dignità e la libertà di ogni essere umano, facendosi prossimo dei più disagiati”.

In quell’occasione fu attaccato dai soliti odiatori seriali del web: “Don... coso vai in missione nello Yemen e taci”, “Don meli se ne vada in Africa con tutti i pidioti”, “Ma vaffanculo prete portali a casa tua gli immigrati”, “Don meli andatevene tutti in Africa”…

 

E allora il commissario provinciale della Lega, Bartolo Giglio gli chiese un incontro in parrocchia, per chiarire che il partito non aveva nulla a che fare con questi mascalzoni in giro per il web.

Era il luglio dell’anno scorso. Lui accettò e un paio di giorni prima mi chiamò.

Ricordo bene la sua telefonata: “C’è uno della Lega provinciale che mi ha chiesto un incontro. Gli ho detto di sì e dopodomani sarà qui in canonica. Tu saresti disponibile? Potresti assistere all’incontro? Ho invitato anche qualche altro amico e alcuni parrocchiani, ma non vorrei che il senso di questa riunione venisse manipolato. Io non ho nessuna idea da cambiare rispetto alla mia protesta”.

Ci andai.

Bartolo Giglio era lì con altri due leghisti locali e prese subito le distanze dagli odiatori che avevano offeso don Meli sui social, anche se contemporaneamente disse che non era d’accordo su questa sua iniziativa di digiuno contro il decreto sicurezza.

Don Baldassare disse testualmente: “Faccio politica, è vero. E non posso farne a meno. La vera politica dovrebbe interessarsi di tutte le persone, in particolare dei deboli. Questo dovrebbero fare tutti i politici. Chi non lo fa, è solo un politicante” (ne ho scritto in questo articolo).

 

Ecco perchè l’eredità di don Meli è “singolare, ricca e impegnativa”.

 

Quando l’incontro finì, ci salutammo.

Gli diedi la mano. Lui me la strinse forte ed inaspettatamente mi disse: “Ma non si può tornare a scrivere qualcosa per questi rifiuti sotterrati nel quartiere (Belvedere, ndr)? Non faccio che celebrare funerali di persone che muoiono di tumore”.

Gli dissi che tutto ciò che era possibile scrivere lo avevo già scritto nel 2012. E che ogni volta che se ne riparla è sempre un rimpallo di responsabilità... la Regione, la Provincia, il comune... E mancano le risorse  economiche... e i carotaggi sono rischiosi e costosi...

Oggi, anche don Meli è stato portato via dal tumore, che possiamo chiamare “brutto male”, “malattia terribile”, ma quello è, un tumore.

 

E cercando sul web, ho trovato una sua dichiarazione che io stesso avevo riportato nel 2013:

L’emergenza è gravissima – ha detto don Meli, parroco della chiesa Santa Lucia e componente del Comitato di Quartiere Belvedere – Mi pare che i casi di tumori stiano aumentando. E ciò non è soltanto dovuto all’amianto, ma anche a ciò che è stato sepolto nelle cave, perché non sappiamo che tipo di inquinamento si sia prodotto. E’ urgente fare dei carotaggi, in modo da rendersi conto di che cosa effettivamente si nasconde sotto quel manto di calce”.

Faceva riferimento al mio video servizio sulle cave del quartiere Belvedere.

 

Ecco perché l’eredità di don Meli è “singolare, ricca e impegnativa”.

 

Ieri, dopo la celebrazione del suo funerale, quando il carro funebre cominciò ad allontanarsi dalla chiesa, per un attimo immaginai Don Baldassare seduto davanti mentre indicava all’autista la campagna di fronte, vicino alle palazzine del quartiere Belvedere: “Ecco, vedete, le cave e i rifiuti abbandonati stanno proprio lì. Posteggiamo più avanti, che vi faccio vedere”.

 

Egidio Morici