E’ stata un’arringa decisa, dai toni anche abbastanza duri contro il pm della Dda, quella condotta dall’avvocato difensore Luigi Pipitone nel processo al 57enne presunto boss mafioso mazarese Matteo Tamburello, per il quale, lo scorso 2 luglio, il pubblico ministero Pierangelo Padova ha invocato la condanna a venti anni di carcere.
“Le intercettazioni e l’attività di monitoraggio – ha attaccato il legale - sono la prova dell’innocenza di Matteo Tamburello”. I reati contestati a Tamburello sono l’associazione mafiosa e la violazione della sorveglianza speciale.
E in relazione soprattutto al primo reato, quello più grave, il difensore ha parlato di “assoluta insussistenza dell’ipotesi accusatoria”. Subito dopo, l’avvocato Pipitone ha aggiunto: “La requisitoria del pm è stata la riproposizione del quadro accusatorio al termine delle indagini, senza tenere conto di quanto emerso nel corso del processo. Sono state, quindi, riproposte le ricostruzioni smentite in dibattimento. Matteo Tamburello non è stato reggente della famiglia mafiosa di Mazara. La precedente sentenza di condanna (il 4 giugno 2009, il Tribunale di Marsala condannò Matteo Tamburello a 9 anni di carcere per mafia, sentenza poi confermata nel 2010 in appello, ndr) esclude il ruolo di vertice”. Secondo l’accusa, Tamburello si sarebbe mosso, dopo l’uscita dal carcere, a fine novembre 2015, per riorganizzare gli assetti della famiglia mafiosa di Mazara, al cui vertice, nel frattempo, sarebbe assurto Dario Messina. E per questo, fu arrestato dai carabinieri l’11 dicembre 2018 (operazione “Eris”). Ai giudici, l’avvocato Pipitone ha inoltre detto: “La rappresentazione del pm può risultare fuorviante. L’interpretazione delle intercettazioni del Ros di Palermo sono ovviamente velate da pregiudizio. Lo stesso pm dice che alcuni elementi (incontri con altri presunti mafiosi, ndr) non avrebbero avuto lo stesso peso a carico di persone non indagate per mafia, ma al massimo potrebbero essere elementi di sospetto, non di prova. Contro Tamburello, dunque, pregiudizio e persecuzione”.
Per gli investigatori, però, “Matteo Tamburello, uscito dal carcere, ha ripreso il suo posto in seno alla famiglia mafiosa di Mazara”.