di Marco Marino
Un presagio, una premonizione o una speranza. Quando l’anno scorso s’è inaugurata la prima edizione delle Agorai del mare, la rassegna di spettacoli promossa dal Parco Archeologico di Marsala, nella locandina figurava sullo sfondo il Baglio Tumbarello-Grignani. Era davvero molto tempo che si voleva restituire anima a uno degli spazi più suggestivi del litorale lilibetano, ma non s’era mai riusciti a scampare alle difficoltà tecniche, agli ingenti costi di restauro, alle lungaggini burocratiche. Quest’estate, però, diverse realtà pubbliche e private - mosse dal sentimento che spinge il naufrago, finita la tempesta, a edificare una nuova civiltà – hanno collaborato perché il Baglio potesse ritornare ad accogliere la sua città. Merito dell’Assessorato regionale ai Beni Culturali, al Comune di Marsala e ai tantissimi privati cittadini che si sono spesi per fare in modo che stasera, alle 21.15, cominciasse la nuova stagione delle Agorai del mare. Luoghi e memorie di storia, uomini e mare. Apre il cartellone lo spettacolo La donna a tre punte di Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale (per maggiori informazioni sullo spettacolo e sui biglietti potete cliccare qui).
Abbiamo voluto parlare di questo importante momento culturale con Aurelio Gatti, che cura la direzione artistica della rete dei Teatri di Pietra che dall’anno scorso architettano il programma degli eventi.
Maestro Gatti, qual è il fil rouge che lega gli spettacoli di questa stagione?
Quest’anno la programmazione è più estesa, saranno oltre dieci gli appuntamenti, fino alla prima decade di ottobre. Significa dare una chiara ripartenza, anzi lo chiamerei rinnovamento, che trova la sua spinta propulsiva nella cultura, quella cultura che è riuscita a tenere saldo il nostro senso di comunità e a creare il sistema di autodifesa che ci ha fatto uscire da una crisi terribile come la pandemia degli ultimi mesi. La cultura della comunità è al centro della nostra azione perché riteniamo che vada attribuito a essa il merito – visto che non c’erano antidoti, visto che non c’erano farmaci, – del contenimento della pandemia. Ecco, il cartellone esprime diversi segmenti di questo tipo di cultura.
Potrebbe anticiparci qualcosa del programma?
Nello spettacolo di Camilleri di stasera le protagoniste sono le donne, tutte le donne del Mediterraneo; dopo avremo una pièce rivolta a tutte quelle figure in transito, che nei tre mesi di lockdown hanno visto l’idea di spostamento completamente cancellata, lo spettacolo si chiama La tempesta ed è ispirato all’Eneide di Virgilio dove il primo libro è interamente dedicato alla tempesta che colpisce la nave di Enea. E chi è Enea? Nient’altro che un migrante, dato che fuggiva dalla terra distrutta di Troia, in cerca di nuovi lidi. E poi ancora l’idea della contiguità necessaria e imprescindibile dell’umano e la realtà di mondi nuovi: tutti a sorprendersi di quello che è successo durante la pandemia, i delfini che tornavano vicino ai porti, la natura che si riprendeva degli spazi propri, l’abbattimento totale della congestione climatica, il nostro Infiniti mondi di Giordano Bruno sembra preannunciare questo legame fondamentale tra uomo e natura, immaginando questi infiniti mondi come necessari e contigui e probabilmente anche contemporanei. Queste sono le prime rappresentazioni, senza nulla togliere alla figura che avremmo il 6 agosto, Arianna, dove ci sono tutte le età di una donna preziosa come la principessa chiusa nel labirinto.
Una scelta sempre ispirata a temi e a personaggi classici.
È un programma ispirato soprattutto ai temi classici, che noi riteniamo propri di un parco archeologico, ma dai temi classici si concentra, come accennavo prima, a tutte quelle fattispecie di comunità che sono la risorsa principale del nostro mondo globalizzato: sono le comunità che sanno rispondere, sono le comunità che sanno ripartire, non sono delle figure astratte e generiche, sono quell’organismo che purtroppo negli ultimi dieci anni è stato continuamente mortificato. Il soggetto principale del teatro è la comunità, il teatro senza comunità, la cultura senza comunità, sono essenzialmente moda di passaggio e tendenza attuale.
La grande novità di quest’anno è il Baglio Tumbarello-Grignani come spazio scenico. Una grande conquista.
Io credo che debba essere intesa su più livelli. Innanzitutto, dovrebbe essere motivo di orgoglio delle istituzioni, dell’Assessorato ai Beni culturali e all’Identità siciliana e del Parco stesso. C’è poi un livello ancora più sorprendente che è la sinergia tra pubblico e privato, che ci ha messo nelle condizioni di fruire di un baglio che per molto tempo è stato dimenticato. E sono stati davvero numerosi i privati – maestranze, associazionismo culturale - che hanno dato la loro disponibilità. Tutto questo ci offre l’opportunità di aprire il Baglio Tumbarello che ha una corte molto vasta, di oltre mille metri quadri.
Cos’ha di particolare questo Baglio?
Questo baglio possiede qualcosa di straordinario, ci dà modo di prevedere il futuro. Gli spazi sono l’occasione - quando sono condivisi, quando sono bene comune - di realizzare cose che altrimenti non si sarebbero potute realizzare. Gli spazi generano prospettive inedite.
E sono queste prospettive a salvare le città.
Siamo proprio ammirati da questa congiuntura che viene da una parte dall’Assessorato regionale ai Beni Culturali e, dall’altra parte, dal Parco di Lilibeo, tutto questo corredato dall’interesse e dal sostegno logistico del Comune e soprattutto da numerose maestranze private. Un baglio che era chiuso da parecchio tempo, attiguo al museo delle navi, bellissimo, strategico perché è la punta estrema di Marsala che guarda al mare. Quindi riaprire quel cancello assume il significato più autentico di ripartenza della cultura, e dalla cultura. Non una cultura generica, non una scontata cultura dell’aggregazione. Ma una cultura della partecipazione che è quella, ripeto, che è stata molto mortificata di questi tempi, che ha ridotto cittadini e spettatori a fruitori, utenti e consumatori. Avere la forza, il coraggio, la decisione di ripartire proprio da loro significa tonificare la nostra comunità dopo quello che è avvenuto con la pandemia del Covid, ma a fronte di qualsiasi altra pandemia si possa prevedere.