Un verso enigmatico segna il primo libro dell’Eneide di Virgilio. «La Storia piange», scrive il poeta mantovano, «e i fattori umani feriscono le menti». Per secoli l’esegesi di questo singolo verso ha diviso gli studiosi, e forse solo adesso, in questi ultimi anni, comincia ad acquistare chiarezza, comincia a essere percepita nella sua reale ispirazione.
Enea è un migrante. Senza voltarsi indietro, scappa dalla sua terra natale dopo la distruzione di Troia – ricordiamo tutti il famoso stratagemma del cavallo di legno che permette ai Greci di mettere a ferro e a fuoco la città. Non è solo, ha dei compagni di viaggio al suo fianco, e soprattutto ha la sua famiglia accanto: il padre Anchise, il figlio Ascanio. C’è una bellissima iconografia classica che vede Enea portare sulle spalle il vecchio padre e per mano il piccolo Ascanio.
Stasera, al Baglio Tumbarello di Marsala, alle 21.15 andrà in scena il dramma di Enea, intitolato Tempesta, nella drammaturgia di Sebastiano Tringali modellata sull’Eneide. Dopo il primo spettacolo di successo, La donna a tre punte, la rassegna di spettacoli «Agorai del mare» entra nelle trame del presente e offre agli spettatori una pièce che si interroga su come nascono le comunità di cui facciamo parte, sull’eterogeneità della loro natura, sul dolore originario che le costituisce e le rinsalda.
Perché nella storia dell’eroe troiano, destinato a fondare la stirpe italica che darà vita a Roma, c’è molto dolore e molto affanno. Un dolore e un affanno che ci riguardano, che parlano anche della storia della nostra terra. Il padre di Enea muore lungo il viaggio proprio a Trapani e per lui, sulle sponde siciliane, Enea organizza i giochi funebri.
Quando ci riaccostiamo al verso di cui accennavamo all’inizio - la Storia piange e i fattori umani feriscono le menti – non abbiamo bisogno di ulteriori spiegazioni. Ogni giorno, sentendo dei tanti Enea che provano a sopravvivere sbarcando sulle coste del Mediterraneo, ci accorgiamo che la Storia, in quel momento, è in lacrime, impotente di fronte ai dolori dei singoli, incapace di esaudire le preghiere dei molti. I fattori umani ci feriscono nella coscienza, nella loro ineluttabilità, ma queste ferite sono quei necessari dolori per farci prendere consapevolezza del sentimento del presente e del futuro, ci permettono di non restare indifferenti quando la tempesta comincia. Perché anche se ci sentiamo distanti, la tempesta, quando scoppia, interessa sempre tutti.