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23/08/2020 06:00:00

Andrea Bulgarella racconta "le strane alleanze" 

Grazie alla gentile disponibilità dell'autore, pubblichiamo un estratto del nuovo libro di Andrea Bulgarella. L'imprenditore trapanese, infatti, ha dato alle stampe un nuovo libro, dal titolo "Finale di partita" (lo si può acquistare qui). In questo volume, seguendo il filo logico del precedente ("La partita truccata", Rubbettino), Bulgarella racconta l'inchiesta che lo ha travolto con l'accusa di essere riciclatore dei soldi della mafia trapanese, e dalla quale è uscito totalmente estraneo, con l'archiviazione di tutte le ipotesi di reato.

Nell'anticipazione per i lettori di Tp24, l'autore racconta delle "strane alleanze" che vede agire a Trapani e nel Paese: poteri che dovrebbero essere divisi, e che invece vanno a braccetto, stritolando nel loro meccanismo chi, come lui, finisce per sfortuna in mezzo. 

***

 Vedo nel Paese, strane alleanze. Poteri che dovrebbero stare divisi, separati, anzi, che dovrebbero controllarsi a vicenda, vanno invece a braccetto. E guai per chi finisce nel loro meccanismo, che stritola vite e imprese, senza scrupolo alcuno.
Io l’ho provato sulla mia pelle, ad esempio, cosa vuole dire finire nel mirino della santa alleanza procure - giornalisti, con
i pubblici ministeri che fanno indagini superficiali, parziali, indiziarie, ma che diventano per i giornalisti portavoce delle procure verità clamorose, dimostrate e inconfutabili.
Anche a Trapani ci sono “strane alleanze”, una situazione ovvia che tutti i “palazzi” conoscono da anni, tra giornalisti, magistrati, poliziotti e avvocati “pattagisti” che a volte sembrano agire in sintonia e che si servono anche di “pentiti a orologeria” per scrivere  sceneggiature e articoli funzionali al loro romanzo criminale.
L’indagine che mi ha riguardato, ad esempio. Paginate intere, sul Sole 24 ore, su Repubblica, La Nazione, Il Tirreno, il
Corriere della Sera, come sul Fatto Quotidiano, TGR Toscana, riviste e giornali locali, su tanti altri siti, tutti con l’equazione
infame: Andrea Bulgarella = Matteo Messina Denaro.
Ho resistito, ho lottato, sono passato al contrattacco. Alla fine ho vinto, pagando un prezzo personale altissimo.
Eppure gli stessi giornali e gli stessi siti, dopo aver massacrato la mia immagine, il mio nome, la mia azienda, non hanno dato lo stesso spazio alla notizia dell’archiviazione. L’hanno messa lì, in alcuni trafiletti, quasi come fosse una cosa scritta
per forza. Che peccato, che peccato per loro ...
La cosa bella è che io sono stato indagato, dalla Procura di Firenze, ma senza mai finire a processo. E stessa cosa ha fatto  la Procura di Milano, per l’ipotetica mia truffa all’Unicredit. E proprio il giudice, nell’archiviazione, scrive: “I fatti ricostruiti difettano degli elementi costitutivi delle ipotesi di reato inizialmente formulate”. Insomma, l’inchiesta faceva acqua da tutte le parti. Uno spreco di tempo e di denaro pubblico con il solo risultato di avere distrutto la mia azienda.
E mi resta sempre il sospetto. Che ora, in libertà, posso tranquillamente scrivere, a mano ferma e a testa alta: ovvero che tutta l’inchiesta sul mio conto sia deviata dalle originarie esigenze di giustizia (sono uno dei pochi in Italia, forse a credere ancora nella giustizia …) e sia diventata poi soprattutto questione di visibilità: perché tutti, pm, investigatori, ufficiali, sapevano che una perquisizione ad Andrea Bulgarella e ad uno degli amministratori più noti di Unicredit, Palenzona, avrebbe fatto rumore, sarebbe diventata notizia, e quindi scoop.
E così è stato.
Anche se l’indagine era completamente illogica.
Anche se di mezzo c’erano il mio lavoro, la mia azienda, i miei collaboratori, la mia vita.
In questo modo, non so quanto consapevolmente, mi hanno fatto terra bruciata intorno.
Perché è come il gioco dell’oca. Con l’inchiesta c’è la perquisizione, con la perquisizione il clamore, e quindi le paginate sui giornali, le accuse senza riscontro. Ma le banche da subito ti chiudono i rapporti bancari e non ti fanno più credito, i tuoi clienti e fornitori hanno paura del contagio.
Sia chiaro, conosco molti giornalisti bravi. Schiena dritta, intelligenti, senza paura. E penso che l’informazione sia alla base per la crescita democratica di una città come di un Paese.
Ma quando l’informazione è inquinata, pilotata, quando c’è la regia occulta di magistrati o di altri potenti, allora diventa  non dannosa, di più, diventa letale.
Ci sono magistrati eroi, altri che fanno bene il loro mestiere, altri che sbavano, si, sbavano, per finire sui giornali e si chiedono: cosa mi posso inventare oggi? Trovano il giornalista fidato, e il gioco è fatto. Insieme fanno carriera. Perché la vera separazione da fare, oggi, a proposito di carriere, è questa: giudici inquirenti e giornalisti.
A pagare il prezzo di questa folle ambizione sono le aziende serie, le persone oneste.