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01/09/2020 06:00:00

La cultura che si fa politica. L'esperienza della Summer School di Marsala

 La lingua latina possedeva due sostantivi per dire “uomo”. Il primo era homo, l’altro vir. Il primo indicava l’essere umano in modo generico, indefinito; l’altro invece intendeva l’essere umano dentro la Storia, la persona capace di affrontare il suo tempo con le armi del corpo e dello spirito. Quindi nell’antica Roma è la parola vir che riassume la dialettica tra l’uomo e il mondo, tra l’essere e il suo destino.

Dalla parola vir nascono altre due parole che oggi pensiamo antagoniste l’una dell’altra: virtù e virtuale. Messe a confronto, la virtualità viene sempre percepita come dimensione violenta, incontrollata, pericolosa. Segnando così una delle nostre principali esperienze quotidiane - l’essere connessi, l’essere smart - con uno stigma incancellabile. Per scongiurare i pregiudizi e i luoghi comuni che caratterizzano il rapporto tra virtù e virtuale, l’History & Politics Summer School dell’Università di Palermo ha voluto dedicare all’argomento la sua quinta edizione. Il titolo era molto eloquente: «Tempo di passaggi. Ripensare la politica e i suoi mutamenti: dalla Virtù al Virtuale».

La Summer School ha voluto confermare anche quest’anno la città di Marsala come sua sede ideale, usufruendo dei locali del Complesso Monumentale San Pietro. Dal 24 al 28 agosto, il professor Giorgio Scichilone e la consigliera comunale Luana Alagna hanno coordinato i lavori di un laboratorio telematico che ha permesso a studenti universitari di dieci diversi paesi (dall’America del Sud all’Europa) di entrare in contatto con le riflessioni dei maggiori studiosi italiani di storia, sociologia, filosofia politica: Francesco Benigno, Chiara Saraceno, Donatella Di Cesare e moltissimi altri accademici. Le lezioni sono state aperte da una prolusione di Romano Prodi, e chiuse da una lectio magistralis di Massimo Bray.

Inoltre, durante l'ultimo appuntamento, è stato letto un messaggio che la senatrice Liliana Segre ha scritto per l'occasione.

Il mondo è destinato al futuro ma il linguaggio del futuro non può essere declinato dagli algoritmi ma dalla "lingua salvata".
Se le parole sono pietre si deve saper scegliere tra i muri ed i ponti. Se i social sono il poligono di tiro verbale si può e si deve diventare contro ogni forma di ostilità, seminatori digitali di pace. Le parole di pace sono compensazione e denuncia del limite della rete stessa perché se c’è un un campo in cui sapienza e conoscenza si perdono questo è l’informazione. Dobbiamo coltivare la mitezza una virtù che unisce contro tutte le passioni divisive.

Liliana Segre

Per una settimana Marsala è diventata una piccola Atene, una capitale scientifica in cui giovanissimi studenti hanno utilizzato le piattaforme digitali messe a disposizione dalla Summer School per evolvere questioni di stringente attualità e maturare riflessioni fuori dalle solite retoriche. Succede ogni anno da cinque anni: è sicuramente uno dei più felici traguardi dell’amministrazione Di Girolamo, perché è inquantificabile il valore del suo indotto umano e culturale. Un’eredità imprescindibile se si vuole pensare la comunità marsalese fuori dal recinto della provincia di Trapani, fuori dai sicilianismi, e proiettarla in contesti internazionali.

Le lezioni di questa estate ci hanno mostrato quanto sia determinante quel nesso etimologico tra virtù e virtuale. Perché il virtuale è la possibilità dell’uomo di accedere al suo tempo, di fare parte del suo presente, di essere vir, quindi di essere virtuoso.

Lo stesso percorso vale per le città e le comunità: è necessario affrontare con coraggio i rischi della contemporaneità per essere in grado di affrontare i tempi incerti che stiamo attraversando.

L’unica speranza che segna questi “tempi di passaggio” si riserva per le amministrazioni future: capire il valore di esperienze come la Summer School significa tutelare e migliorare i cittadini del domani.