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16/09/2020 07:31:00

Trapani, Bulgarella presenta alla stampa "Finale di partita"

 Una telefonata sancisce la fine dell’incubo e dell’ingiustizia. L’avvocato chiama Andrea Bulgarella: “Tutto archiviato”. Contro l’imprenditore trapanese, coinvolto in una inchiesta per mafia, non c’era niente. I giudici, finalmente, riconoscono che Andrea Bulgarella, ormai devastato sia come uomo, sia come professionista, non è mafioso, non ha riciclato i soldi sporchi dell’organizzazione criminale, non ha commesso alcuna truffa, tantomeno si è macchiato di appropriazione indebita.

E a raccontare di quella telefonata liberatoria è lo stesso costruttore nel suo nuovo libro “Finale di partita” presentato alla stampa locale nella splendida cornice di Palazzo Platamone.

Ma è un “Finale di partita” amaro. Per anni Andrea Bulgarella, uomo di sport, fu presidente del Trapani calcio, ha dovuto giocare, suo malgrado, una “Partita truccata” come lui ha raccontato nel suo primo libro, scritto quando ancora l’indagine era in corso. Lo accusavano, ma nessuno lo ha mai ascoltato. Lo indagavano. Lo distruggevano poco a poco, ma nessuno ascoltava quell’uomo che urlava la propria innocenza. Frattanto, le vicissitudini giudiziari logoravano lui e mettevano in ginocchio la sua impresa. Perché tanto accanimento contro l’imprenditore trapanese? Giacomo Di Girolamo, che lo ha aiutato nella stesura, prova a dare la sua chiave di lettura: “E’ un pesce grosso. E la caccia al pesce grosso comporta per i cacciatori una notevole esposizione mediatica”.

I cacciatori sono alcuni magistrati che per anni lo hanno indagato. Superficiali. Sciatti. Forse anche in malafede. Ma dietro al calvario vissuto da Bulgarella ci sono solo loro o nell’occulto si muove qualcosa di più grande? L’imprenditore non crede a possibili mandanti, ma parla “di una cultura che ha visto e vede sempre Trapani e i trapanesi soccombere. Se un imprenditore del Nord viene qui, fa quello che gli pare e nessuno dice niente. Se un imprenditore investe fuori dalla sua Isola, allora è mafioso, è corrotto, cammina a braccetto con i boss. E’ una cultura da scardinare e per farlo dobbiamo essere tutti uniti, giocare da squadra”. Poi una stoccata verso i giornalisti: “Quando scrivete entrate nel merito dei fatti. Il direttore del Tirreno mi ha fatto le sue scuse”.

Oggi Bulgarella – lo hanno stabilito i giudici – non è mafioso, non ricicla, non è truffatore. Ma forse è ancora peggio. E’ un sognatore e la “società spesso perdona il delinquente, ma non perdona mai il sognatore”. Parola di Oscar Wilde.