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18/09/2020 07:21:00

I pescatori di Mazara sequestrati in Libia saranno processati 

 I pescatori di Mazara del Vallo sequestrati in Libia andranno a processo. L’ha fatto sapere il presidente della commissione Affari esteri di Tobruk, Yusuf Al-Agouri alla Stampa: «Come abbiamo detto alle autorità italiane i natanti sono stati fermati perché svolgevano attività di pesca nella zona economica esclusiva della Libia, secondo le segnalazioni ricevute, il fatto è considerato una violazione della legge libica. Da parte nostra rinnoviamo la richiesta di rimpatrio dei calciatori libici arrestati in Italia che avevamo avanzato prima della vicenda dei pescherecci».

Spiegano Paci e Semprini su La Stampa: «Sull’argomento era intervenuto il ministro degli Esteri Luigi Di Maio che ha assicurato il massimo impegno del governo per una risoluzione positiva della vicenda. Aggiungendo tuttavia che “l’Italia non accetta ricatti, i nostri concittadini devono tornare a casa”. La vicenda si inserisce in una fase assai delicata del dialogo intra-libico in cui sia il premier del Governo di accordo nazionale riconosciuto dalla comunità internazionale, Fayez al Serraj, sia quello del governo parallelo dell’Est hanno annunciato le dimissioni».

 

Della vicenda si occupa anche Repubblica:

«Mio figlio voleva soltanto guadagnarsi un pezzo di pane». La signora Rosetta Ingargiola è la più anziana del gruppo formato da circa trenta persone che la mattina si dà appuntamento al porto nuovo di Mazara del Vallo che fanno sentire la loro voce affinché i 18 pescatori arrestati in Libia il primo settembre vengano rilasciati.

Lei è la madre di uno di questi ed è ormai la capogruppo che chiede un intervento per poter riabbracciare il proprio figlio. «Quella di ieri è stata la notte peggiore – dice con la voce spezzata dalla stanchezza – dopo aver sentito mio figlio che mi chiede aiuto. Noi non possiamo rimanere fermi, siamo pronti a manifestare: i nostri uomini sono andati in mare per guadagnarsi da vivere e il mare non è un gioco. Voglio riabbracciare mio figlio e tutti gli altri marittimi».

Insieme a lei ci sono tante donne: madri, sorelle e figlie che vogliono riabbracciare i propri cari e guardano con occhi speranzosi il porto, sognando di poter rivedere la Medinea e L’Antartide di nuovo a casa. Tra coloro che doveva partire quel giorno e ritrovarsi così nel mare a fianco degli altri pescatori, c’è Vincenzo De Santis, capitano del peschereccio Schiavone: anche lui, come ogni giorno, doveva essere tra quei 18 ma un’avaria lo ha fermato al porto di Mazara. «I nostri pescatori non erano in acque libiche – dice – ma erano in acque internazionali perché erano a 35 miglia da Bengasi. Questa storia però capita spesso: quando ci sono navi italiane che ci assistono questo non accade, ma quando non ci sono accadono eventi del genere, come già avvenuto in passato».