Al referendum sul taglio dei parlamentari ha stravinto il Sì con quasi il 70%. Esulta Di Maio che la considera una sua vittoria personale. Alle Regionali è finita 3-3, con il centrodestra che ha tenuto con larga maggioranza Veneto e Liguria e ha conquistato le Marche. Il centrosinistra ha conservato Toscana, Campania e Puglia. Ne escono vincitori Zingaretti che ora promette riforme e Meloni che vede crescere il suo partito in tutt’Italia. Vince anche Conte: «Durerò fino al 2023».
Ha stravinto il Sì
Con il 69,96 per cento contro il 30,04 dei No, il Sì ha stravinto al referendum costituzionale sul taglio del numero dei parlamentari. È la più importante modifica dell’assetto istituzionale nella storia della Repubblica: dalla prossima legislatura i deputati passeranno da 630 a 400 e i senatori da 315 a 200.
Il M5s, principale fautore del taglio, per bocca di Luigi Di Maio ha definito il risultato «storico» . Nicola Zingaretti, che aveva imposto il Sì al Pd tra i mal di pancia di molti dem, ha promesso che ora si aprirà «una stagione di riforme». A cominciare dai decreti sicurezza di Salvini che vanno modificati e dal Mes che potrebbe portare all’Italia 36 miliardi con cui rafforzare il sistema sanitario nazionale. L’affluenza è stata di poco sotto al 53,8%.
Complessivamente, secondo l’Agi, i Sì sono stati 17.913.054 pari al 69,96%, i No 7.692.029, pari al 30,04- Per l’Ansa i Sì sono stati 17.168.498 (69,64%), i No 7.484.940 (30,36%).
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«Resta il nodo delle altre riforme da varare, che sono il necessario corollario del taglio dei parlamentari per non fare inceppare il sistema: oltre a una nuova mappa di collegi che corregga le distorsioni figlie della nuova norma (in alcune Regioni l’opposizione potrebbe non essere rappresentata al Senato), bisogna rivedere il sistema di elezione del presidente della Repubblica (dovrebbe essere rivista al ribasso l’attuale quota di 58 delegati regionali) e soprattutto i regolamenti parlamentari, per riscrivere ad esempio il ruolo delle commissioni, che avranno meno rappresentanti. È un pacchetto di "correttivi" che fanno parte di un accordo di maggioranza firmato a ottobre, subito dopo la nascita del governo giallorosso, dal quale dipende l’efficienza del sistema istituzionale rimodellato dal Sì al referendum» scrive Repubblica. Di Maio ora punta anche al taglio degli stipendi dei parlamentari.
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Stando ai primi dati diffusi da Youtrend sui voti scrutinati, il No avrebbe vinto in alcuni centri storici: nel collegio di Milano centro, in quello di Torino Crocette e nei municipi 1 e 2 di Roma, esattamente in quelle zone composte da ceti medio-alti dove il Partito democratico conserva alcune roccaforti elettorali. Il dato sembra riscontrabile a Firenze dove, nel Comune, il Sì vince solo con il 55%. Sebastiano Messina sulla Repubblica: «I numeri ci dicono però che siamo di fronte a una vittoria, non a un trionfo. Il Sì, infatti - lo ha ricordato Arturo Parisi alla vigilia del voto - partiva con un vantaggio amplissimo, visto che la modifica alla Costituzione era stata approvata dal 97 per cento dei parlamentari. E aveva l’appoggio ufficiale, oltre che del Movimento 5 Stelle, del Partito democratico, della Lega, di Fratelli d’Italia e di Forza Italia, la cui somma dei consensi alle ultime europee è stata pari all’89,3 per cento. Il risultato di ieri rivela che più di un quarto degli elettori ha votato in modo opposto all’indicazione del suo partito. Il No, al contrario, è passato dal 3 per cento registrato in Parlamento a una percentuale dieci volte maggiore».
Pareggio alle Regionali
Dal voto per la Regionali centrodestra e centrosinistra escono con un 3-3. In attesa del risultato della Valle d’Aosta, dove lo scrutinio si inizierà questa mattina. Il centrodestra ha tenuto con ampio margine Veneto e Liguria e ha strappato al centrosinistra le Marche. A sua volta il centrosinistra ha mantenuto Toscana, Campania e Puglia. Un risultato che blinda il governo di un esultante Giuseppe Conte: «Durerò fino al 2023». Veri vincitori di questa tornata elettorale sono Nicola Zingaretti («il Pd è il primo partito italiano») e Giorgia Meloni («Fdi è l’unico partito che cresce da Nord a Sud»). Esultano, ma solo per mascherare le loro delusioni: Matteo Salvini che sperava in un 5 a 1 («Prendere il 40% in Toscana è una soddisfazione enorme»); Silvio Berlusconi che deve fare i conti con un risultato fra il 5 e il 10% («Siamo decisivi»); Matteo Renzi che in Toscana ha preso il 3,7% («Se ora c’è uno spazio politico alternativo a populisti e sovranisti è perché lo ha aperto Italia Viva»). Sconfitto, anche se con una piccola rivincita di Di Maio, il M5s di Vittorio Crimi. Deduce Gramellini sul Corriere che tra gli elettori del movimento «la stragrande maggioranza di chi ha votato Sì al referendum si è dimenticato di votare Cinquestelle alle Regionali».
Maurizio Molinari su Repubblica: «È presto per affermare se l’indebolimento del fronte populista-sovranista sia una circostanza occasionale oppure un momento di cambiamento destinato a durare nel tempo. Di certo è impossibile non notare la coincidenza con il primo voto dopo l’inizio della pandemia Covid 19: gli italiani che si sono recati alle urne sono reduci e protagonisti della battaglia contro il virus e dunque in cima alla scala delle loro priorità vi sono temi assai concreti come l’amministrazione del territorio, la ripresa dell’economia, la gestione della Sanità e la riapertura delle scuole, argomenti che mal si coniugano con la narrativa populista basata sull’anti-politica permanente o con la narrativa sovranista contro i migranti».
Matteo Salvini ha tenuto a precisare che ora il centrodestra governa in 15 regioni su 20.