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08/10/2020 07:10:00

Mafia, processo Pionica. Chiesti oltre 80 anni di carcere

Oltre ottant’anni di carcere sono stati invocati dai pm della Dda Giacomo Brandini e Gianluca De Leo al termine della requisitoria tenuta, in Tribunale, a Marsala, nel processo a otto delle 16 persone coinvolte, tra arrestati e denunciati, nell’operazione antimafia “Pionica” del 12 marzo 2018.

La pena più severa (20 anni di carcere) è stata chiesta per Salvatore Crimi, 62 anni, presunto capomafia di Vita. Tredici anni, invece, è stata la richiesta Ciro Gino Ficarotta, 68 anni, di San Giuseppe Jato, e 12 anni ciascuno per Michele Gucciardi, 67 anni, presunto capomafia di Salemi, già condannato a 14 anni e 4 mesi nell’ambito del processo “Ermes” (“postini” di Messina Denaro), Gaspare Salvatore Gucciardi, 58 anni, di Vita, Leonardo Ficarotta (figlio di Ciro Gino) e Paolo Vivirito, rispettivamente di 39 e 41, entrambi di San Giuseppe Jato.

La condanna a un anno e 4 mesi, infine, è stata invocata per Crocetta Anna Maria Asaro, di 49 anni, e Leonardo “Nanà” Crimi, di 26, moglie e figlio di Salvatore Crimi, entrambi a piede libero e accusati di intestazione fittizia di beni. L’operazione “Pionica” prende il nome da una contrada di Santa Ninfa dove c’è un’azienda di 60 ettari appartenuta a Giuseppa Salvo, di Salemi, ex moglie di Antonio Salvo, nipote dei noti esattori coinvolti in inchieste di mafia. La donna, però, non è parente dei famosi “cugini Salvo”. Secondo l’accusa, Michele Gucciardi e Melchiorre Leone, 61 anni, agronomo di Vita, già condannato in abbreviato a 9 anni e 4 mesi, avrebbero prima scoraggiato i possibili acquirenti dell’azienda e poi, dopo che l’alcamese Roberto Nicastri, fratello del “re dell’eolico”, dopo averla comprata all’asta per 130 mila euro per rivenderla per 530 mila euro alla “Vieffe” dei palermitani Vivirito e Ficarotta, preteso per questi ultimi i diritti di reimpianto dei vigneti. I cosiddetti “catastini”, che la Salvo, parte civile nel processo, assistita dall’avvocato Valentina Favata, sostiene che avrebbe potuto vendere e con il ricavato pagare i debiti dell’azienda e mantenere la proprietà dei terreni. Grazie a quei “catastini” la “Vieffe” ottenne due finanziamenti comunitari: uno di 420 mila e l’altro di 120 mila euro. Parti civili, oltre a Giuseppa Salvo, sono l’associazione Codici (avv. Giovanni Crimi), l’Antiracket Trapani (avv. Giuseppe Novara), l’Antiracket Alcamese (avv. Bambina), il Centro Pio La Torre, la “Verità Vive” (avv. Peppe Gandolfo), i Comuni di Salemi e Castelvetrano. Tra i legali degli imputati, Giuseppe e Gaspare Benenati, Giuseppe De Luca e Vito Galluffo. Le loro arringhe inizieranno il 14 ottobre e andranno avanti per tre udienze.