Il faccendiere si è pentito. Agli occhi dei pm non è più un finto collaboratore pronto a dire qualsiasi cosa per avere dei benefici giudiziari.
Salvatore Manganaro vuota il sacco, davvero, e racconta tutto quello che sa sulla corruzione nella sanità in Sicilia.
Il faccendiere di Fabio Damiani, l’ex manager dell’Asp di Trapani ed ex capo della Centrale unica di committenza per la Regione Siciliana, nelle ultime settimane ha riempito pagine e pagine di verbali di interrogatorio. “Voglio dare un senso alla mia collaborazione e chiarire i punti oscuri” dice Manganaro, la gola profonda dell’inchiesta “Sorella Sanità”, l'operazione della Guardia di Finanza che a Maggio scorso in piena emergenza Covid ha portato agli arresti, tra gli altri, dell'ex manager dell'Asp di Trapani Fabio Damiani, e Antonio Candela, ex manager dell’Asp di Palermo e, al momento dell’arresto, coordinatore della struttura sanitaria regionale per l’emergenza Coronavirus.
Entrambi vanno a processo con giudizio immediato. Oltre ai due ex manager pubblici, a processo vanno i due presunti faccendieri, Salvatore Manganaro vicino a Damiani e Giuseppe Taibbi vicino a Candela, e poi per gli imprenditori: Salvatore Navarra della Pfe Spa, Crescenzo De Stasio della Siram, Ivan Turola della Fer.Co Srl, Francesco Zanzi e Roberto Satta della Tecnologie Sanitarie e Angelo Montisanti della Siram, nonché amministratore delegato della Sei Energia Scarl.
Manganaro ha reso la sua collaborazione più concreta, ed è riuscito ad ottenere, grazie alle confessioni auto ed etero-accusatorie, un affievolimento delle esigenze cautelari, va ai domiciliari.
Manganaro negli ultimi interrogatori traccia la centralità della figura di Fabio Damiani, forte del ruolo alla Cuc della Regione. Sarebbe stato l’ex manager dell’Asp di Trapani l’uomo che controllava e tesseva la rete illecita degli appalti.
Ad esempio ha ammesso avere ricevuto 50 mila euro di tangente per favorire negli appalti la Tecnologie Sanitarie. Una delle tante mazzette incassate, ed erano così tanti i soggetti che incontrava per incassare che non si ricorda chi glieli consegnò. Una bustarella tutta da pezzi da 50 euro, che gli diedero “a Roma nella sede di Tecnologie Sanitarie in via Laurentina, un taglio che solitamente utilizzavano Roberto Satta e Francesco Zanzi”, amministratore delegato e responsabile operativo della Tecnologie Sanitarie. Una parte di quei soldi era per Damiani. “L’originario patto con Damiani era che io gli avrei corrisposto 100.000 mila per l’aggiudicazione della gara Asp a Tecnologie Sanitarie”. “Questo patto originario con Damiani l’ho stretto anche per altri aggiudicazioni, una per una fornitura al pronto soccorso di Termini Imerese aggiudicata alla Healthcare Innovation, ma ci sono state anche altre aggiudicazioni a ditte non tutte riconducibili a me stesso”.
Una mazzetta che Damiani aveva ammesso di aver ricevuto.
Come riporta Live Sicilia il faccendiere parla degli accordi con l’ex manager, delle ditte nel giro degli appalti da pilotare in loro favore: “io e Damiani ci accordiamo in modo che sia le mie ditte che le altre per le quali svolgevo consulenza si aggiudicassero la fornitura e poi ci ripartivamo il guadagno che io ricavo anche attraverso le provvigioni che le ditte mi riconoscevano. Col tempo anche per l’insistenza di Damiani di semplificare i rapporti con lui gli corrispondevo 10.000 euro al mese e quando prendevo somme più consistenti potevo anche corrispondergli 30.000 euro in unica soluzione”. Una sorta di stipendio.
Manganaro tira in ballo anche Antonio Candela, l’ex manager dell’Asp di Palermo e responsabile dell’emergenza Covid per la Regione siciliana fino al giorno del suo arresto.Candela era ritenuto il burocrate incorruttibile, ma da quello che emerge dalle indagini, e dai racconti di Manganaro era tutta una copertura per affari illeciti. Candela aveva “la necessità di costruire la propria carriera anche con quelle iniziative di natura mediatica”. Poi Candela “cambia il proprio atteggiamento andando incontro a una trasformazione affaristica”.
Una doppia faccia scoperta proprio nel momento più critico per la sanità siciliana, nel far fronte all’emergenza Covid.