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03/11/2020 00:00:00

Pescatori mazaresi in Libia, il sequestro a qualche ora dalla visita di Di Maio

Ha tutte le sembianze di ben altro affare il sequestro dei due pescherecci mazaresi con i 18 marinai a bordo. 

Da due mesi i pescatori di Mazara sono incarcerati in Libia, la disperazione dei familiari e la solidarietà della comunità coinvolta, Mazara del Vallo, non ha mai smesso di farsi sentire. Per aiutare le famiglie dei pescatori a sopravvivere, si è organizzata una vera e propria colletta comunitaria.

La luce la paga il vescovo mentre l’Assemblea regionale, sindacati e Federpesca si danno da fare per versare circa tre mila euro a famiglia. Ma questo non basta e non risolve il problema dei familiari dei pescatori, stanchi del silenzio istituzionale su un caso molto più grande di loro.

Un presidio da settimane a Roma davanti a Montecitorio. Così vogliono richiamare l’attenzione delle autorità sul loro caso ed esigere che lo Stato riporti a casa i loro cari. Rosetta Ingargiola, 74 anni e madre di Pietro Marrone, comandante di uno dei due pescherecci sequestrati, ha intuito che il peschereccio del figlio ha poco a che fare con la posta in gioco di questa storia. Così la donna si sfoga: “Loro si combattono e mio figlio è da 60 giorni in carcere senza capire perché”. Ingargiola non è sola, e tutto il piccolo gruppo di manifestanti arrivati dalla Sicilia esprime lo stesso dolore e la medesima preoccupazione: vogliono che i loro cari tornino a casa, e hanno il “terrore che tutti dimentichino, qui a Roma”, compresi premier e ministri. Hanno ragione a preoccuparsi. Per questo anche a Mazara un altro gruppo di familiari ha deciso di portare in municipio la loro protesta. Sono capeggiati dal secondo armatore, Leonardo Gangitano, proprietario dell’Artemide.

E' chiaro che il vero problema non sono i pescherecci e che sono solo dei capri espiatori. Il sequestro è avvenuto nella regione Cirenaica, guidata dal generale Haftar, a poche ore di distanza da una visita del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio a Fayez al-Serraj, che si contende il Paese con Haftar, e ha base a Tripoli. Inoltre, e questo è l’elemento che più inquieta la diplomazia italiana, lo stesso Haftar ha affermato i pescatori verranno rilasciati soltanto in cambio della liberazione di quattro libici detenuti in Italia. Si tratta dei calciatori/scafisti condannati in Italia a 30 anni di carcere con l’accusa di tratta di essere umani, accusati della ‘Strage di Ferragosto‘ del 2015 in cui morirono 49 migranti asfissiati nella stiva di un’imbarcazione. I familiari dei condannati fanno pressione sul governo libico per la liberazione dei loro parenti incarcerati. La condanna, hanno detto più volte, si tratterebbe di un clamoroso errore. Ad oggi nonostante le rassicurazione del premier Conte che ha incontrato i familiari confermando l'impegno dei servizi italiani, non c'è stata ancora nessuna soluzione nè certezza di quando i pescatori di Mazara potranno ritornare ad abbracciare i loro cari.