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07/11/2020 06:00:00

Mazara. La cricca dei finti lavoratori. Il ragioniere, l’intermediario e gli imprenditori

Ad un certo punto il giocattolo si rompe. Comincia a traballare il giro che era stato messo in piedi a Mazara del Vallo, con l’assunzione fittizia di oltre 240 lavoratori stranieri per truffare l’inps e far ottenere permessi di soggiorno.


La truffa scoperta dai carabinieri che nei giorni scorsi
ha portato al sequestro di beni per un milione di euro, e cinque persone indagate, si basava sull’utilizzo di ditte operanti solo “su carta”, che avevano fittiziamente assunto 241 persone, per lo più di provenienza nordafricana (che risponderanno di concorso nella truffa ), in prossimità della scadenza del permesso di soggiorno, allo scopo di percepire indebitamente le indennità a favore del reddito. I finti lavoratori, a loro volta, si impegnavano a versare ai titolari delle ditte fittizie la metà del valore di queste indebite indennità (quali, ad esempio, quella per la disoccupazione, pur non avendo mai lavorato nemmeno per un giorno).


Ieri abbiamo raccontato come tutto è cominciato
, come i carabinieri sono arrivati a scoprire che qualcosa di strano stava accadendo tra Mazara, Campobello e Petrosino. La cricca dei finti lavoratori operava con uno schema ben preciso. Il procacciatore di finti lavoratori, i titolari delle ditte finte, il consulente del lavoro che si occupava di tutta la documentazione. L’indagine parte dagli accertamenti fatti sulla ditta di Sergio Agnello, uno dei titolari delle aziende fantasma che assumeva i finti lavoratori. E’ proprio agnello, dopo varie verifiche, percependo che era meglio parlare, a sedersi al tavolo con gli investigatori e raccontare quasi tutto.

LA MEZZA CONFESSIONE
Sergio Agnello viene sentito dagli inquirenti nel giugno 2018, l’indagine è avviata. I Carabinieri ricostruiscono passo passo il sistema della truffa che sarebbe stata messa in piedi, partendo dalle finte assunzioni, dalle dichiarazioni dai lavoratori “fantasma”, dall’andare a ritroso nella vita delle aziende per le quali hanno lavorato. E sentono Agnello, uno dei titolari delle aziende “cartiera”, attive solo sulla carta, ma che servivano ad assumere persone per ottenere le indennità prevvidenziali. Il tutto, emerge dalle indagini coordinate dalla Procura di Marsala, ruotava attorno alla figura del consulente del lavoro Francesco Di Pietra.


E proprio di lui parla Agnello nel suo interrogatorio. Dichiarazioni “parzialmente” confessorie, nel senso che dichiarava i minimo indispensabile, scrivono gli investigatori. “Passalacqua mi propose di fare delle assunzioni e di prendere dei finanziamenti”, racconta Agnello. “So che tanti soggetti pregiudicati che fanno truffe, tipo il Passalacqua, (Nicolò Passalacqua, anche lui indagato, ndr), si rivolgono a Di Pietra. Passalacqua è titolare di una ditta che fa le stesse cose che venivano fatte con la mia ditta, cioè assunzioni fittizie per ottenere contributi Inps e permessi di soggiorno. Questa ditta viene gestita pure dal Di Pietra, come è accaduto con la mia”. Agnello racconta anche di matrimoni tra italiani e tunisini organizzati dietro compenso per far ottenere permessi di soggiorno agli stranieri. Matrimoni, ovviamente, fittizi. Agnello riferisce di aver saputo che la sua ditta veniva utilizzata per fare assunzioni fittizie nel corso di una cena con un vicino di casa tunisino che gli mostrò il contratto di lavoro con la sua ditta. “Non ne sapevo niente”, dice Agnello, che racconta anche che quel contratto di lavoro venne fatto da “Passalacqua dietro la corresponsione di 1700 euro. Aveva sborsato questa somma per avere il permesso di soggiorno in quanto l’aveva scaduto”.

L’INTERMEDIARIO
Agnello aggiunge anche di essere a conoscenza di “un gruppo organizzato di soggetti che gestisce tutta la trafila relativa alla regolarizzazione dei tunisini sul territorio italiano”. Parla quindi di Medhi Ammari, ritenuto il procacciatore dei finti lavoratori. “Recluta tunisini che devono regolarizzare la propria posizione in Italia”. Arriva il clou delle dichiarazioni di Agnello, quando racconta il sistema, i ruoli di ciascuno nella truffa. “Medhi Ammari raccoglie i loro documenti e li porta a Passalacqua. Questi li porta a Di Pietra, il quale li elabora e fa l’assunzione. ll contratto di assunzione da firmare viene restituito ad Ammari Medhi che a sua volta li porta agli interessati per farglielo firmare. A quel punto viene pagata la cifra pattuita per avere il contratto, non so se la stessa sia sempre di 1700 euro o possa variare”. Agnello racconta quanto riferitogli da alcuni tunisini: “i soldi vengono divisi tra Passalacqua e Ammari Medhi. Passalacqua è molto conosciuto a Mazara perchè si occupa essenzialmente di queste cose, vive di questo”.

QUALCOSA SI ROMPE
Passalacqua e Agnello qualche giorno prima si erano sentiti al telefono e parlavano di come le cose si stessero mettendo non proprio bene per loro, viste le attenzioni degli investigatori nei loro confronti. Poi ci sono finti lavoratori che si vedono saltare tutta la procedura per i permessi di soggiorno e cominciano a farsi sentire. “Qua mi vogliono ammazzare!”, dice scherzoso a telefono Passalacqua.


Ma “nonostante il tono scherzoso appare preoccupato per se stesso. Si evince la piena consapevolezza che a breve sarebbero emersi i fatti di ciò che hanno compiuto, ovvero che ai cittadini stranieri sarebbero stati disconosciuti i periodi di occupazione, sarebbe stata chiesta delle somme già percepite e sarebbe stato a rischio anche il titolo di soggiorno indebitamente ottenuto. Ne consegue una richiesta di chiarimenti da parte degli stessi a Passalacqua”.

LE PROTESTE
Al centro della bufera c’è anche Medhi Ammari, il reclutatore di stranieri. Sono loro che una volta scoppiato il caos chiedono delucidazioni su quanto sta accadendo proprio ad Ammari, che prima sente al telefono e poi incontra Passalacqua. A quest’ultimo gli chiede di mediare con le persone e spiegare come sono andate realmente le cose. Ammari, il reclutatore, “facendo da intermediario e da referente tra Passalacqua e Di pietra è al centro delle polemiche di tutte le persone interessate al disconoscimento del rapporto di lavoro.

Ovviamente i falsi lavoratori prendono coscienza che sarà disconosciuto il rapporto di lavoro e sarà chiesta la restituzione delle eventuali somme erogate dall’Inps. Pertanto i falsi lavoratori sono, oltre che preoccupati, anche arrabbiati in quanto per ottenere il falso contratto hanno tutti anticipato somme di denaro a beneficio degli indagati”. I lavoratori finti capiscono che le assunzioni non valgono più, che potrebbero dover restituire i soldi indebitamente percepiti. E questo fa aumentare la preoccupazione per gli indagati. Il giocattolo si è rotto.