di Massimo Jevolella
Nonostante le decine di rosari che Matteo Salvini deve avere certamente sgranato nelle ultime settimane per chiedere alla Madonna la rielezione di Trump, la volontà del popolo americano ha deciso altrimenti. Il Cuore immacolato di Maria aveva, evidentemente, ben altro da fare che occuparsi del destino dell'inquilino più ignobile e pernicioso che mai abbia occupato lo studio ovale della Casa Bianca nella lunga e travagliata storia della democrazia americana. Ed è così che gli Stati Uniti, e con essi l'intero mondo libero, ossia l'insieme dei popoli che si affidano ai princìpi della democrazia liberale, in questo otto di novembre dello sventurato anno pandemico possono finalmente esultare per essersi liberati almeno da questo terribile incubo. Almeno da questo, nell'attesa di poter sconfiggere il virus che ci assedia e ci tormenta ormai da troppo tempo.
Il povero e scornato Salvini, che il quotidiano britannico “The Indipendent” ha definito “la cheerleader europea di Trump”, aveva comunque delle ottime ragioni per sognare ardentemente la vittoria del suo caro compagno di merende dalla zazzera giallina. Era lui, infatti, il vecchio ed esplosivo Donald, il comandante in capo della nazione più potente del mondo, a dirigere e sostenere le danze della reazione autocratica e sovranista globale. Era lui il grande sponsor, divulgatore di balle spaziali, ispiratore e protettore di tutti i vari “uomini forti”, palloni gonfiati smaniosi di “pieni poteri”, che si trovano sparsi in giro per i continenti, dal Brasile all'Ungheria, dalla Polonia alla Turchia, all'India e altrove. Tutti ammaliati dal grido di battaglia “America first”, tanto gagliardo e tanto facile da declinare in ogni lingua, come ben sanno da noi i militanti del “prima gli italiani”. E ora tutto questo non c'è più. Magicamente “svampato” in una portentosa fiammata di centinaia di migliaia di voti postali di cittadini americani spaventati da quel tizio fuori di testa che non voleva condannare i poliziotti assassini di uomini di colore e faceva gli sberleffi al virus che sterminava la gente... e soprattutto la povera gente.
E al povero Salvini, ormai orfano smarrito di cotanto nobile padre, non resta che piangere sulla spalla dell'altro suo grande amico. Intendo dire, ovviamente, di quel Putin avvelenatore di dissidenti che di Trump è stato negli ultimi quattro anni sodale e rivale al tempo stesso. Sodale nel progetto malefico di disintegrare l'Unione europea e l'idea stessa di democrazia liberale. Rivale nell'eterna lotta geopolitica delle due superpotenze per la spartizione del globo. Lotta, del resto, ormai obsoleta e forse anche un po' ridicola, vista l'inarrestabile preminenza che la Cina sta di fatto conquistando sulla scena degli equilibri mondiali.
Ma di quel Trump, di quell'incredibile pupazzo imbottito di grassi saturi e impastato di ignoranza, bugiardaggine, arroganza e insipienza, che cosa resterà in eredità al popolo americano e al mondo? Ecco, lo vediamo dalle immagini che ci giungono dalle strade degli Stati Uniti, il terribile lascito di Trump: è il frutto velenoso della divisione, del conflitto, dell'odio, la spaccatura verticale in seno a una nazione che sembra quasi sull'orlo di una guerra civile morale e militare, con un presidente capace soltanto di gettare benzina sul fuoco, un piromane irresponsabile, pronto a ogni bassezza – come quella, veramente infame, di accusare i medici di essere gli untori che lucrano sulla pandemia – pur di scatenare la rabbia dei suoi seguaci e vendicarsi di tutti quelli che non lo reputano un dio.
Veramente di Trump possiamo dire che si tratta di una figura diabolica. Perché lo è nel senso letterale ed etimologico del termine. Diavolo, dal greco “dia-ballo”, vuol dire infatti “colui che divide”. Diabolico è perciò colui che crea divisioni, che fa divampare i conflitti, che gode nel clima di odio fratricida. E ciò è esattamente quello che Trump ha fatto nei quattro anni della sua presidenza: dal rifiuto degli accordi di Parigi sulla lotta all'emergenza climatica, all'appoggio alla Brexit, alla rottura con l'Iran, alla guerra dei dazi, per non parlare di tutto il resto, che conosciamo assai bene.
Ma ora ci siamo liberati di lui! (E qui ci voleva il punto esclamativo). E speriamo che l'incubo sia finito per sempre. Ma non invochiamo la Madonna per questo. Non disturbiamola anche noi per lui, povera Madonnina dei dolori. Ora concentriamoci sul virus. Con l'aiuto di Biden, del nuovo presidente che in questa lotta sarà certamente un nostro prezioso alleato. Trump lo sbeffeggiava chiamandolo “Joe l'addormentato”, confondendo evidentemente la mitezza – che è la prima virtù dei saggi – con la coglioneria. E che la Madonna lo assista nella difficile, forse impossibile missione di ricucire le pezze e curare le ferite di una nazione lacerata e piena di dolore.