La bella vita, con i soldi dei beni sequestrati.
La Direzione Investigativa Antimafia di Trapani ha eseguito un decreto di sequestro preventivo di beni emesso dalla Procura della Repubblica di Palermo nei confronti del noto commercialista palermitano Maurizio Lipani, attualmente agli arresti domiciliari, e della coniuge Maria Teresa Leuci. Tra i beni sequestrati, un'imbarcazione e un'auto.
Lipani è stato condannato a Luglio a 5 anni e 4 mesi. Lui e la moglie si erano appropriati di beni di pertinenza della amministrazione giudiziaria che lo stesso Lipani svolgeva su incarico della sezione misure di prevenzione del tribunale di Trapani, dopo il sequestro dei beni riferibili a Mariano ed Epifanio Agate, padre e figlio: il primo è morto ed era capomafia di Mazara del Vallo.
Con i proventi di queste operazioni Lipani si sarebbe comprato un attico nella zona centrale di Palermo.
Il provvedimento, già convalidato dal G.I.P., emesso per una somma pari a complessivi euro 1.270.669,79, ha riguardato beni (denaro, quote societarie, mobili ed immobili) per un valore stimato in oltre seicentomila euro. La somma risulta essere il profitto di reiterate condotte di peculato, commesse da Lipani nella qualità di custode o di amministratore giudiziario di numerosi compendi societari e di patrimoni sequestrati/confiscati di competenza degli Uffici Giudiziari di Palermo, in parte, con il concorso della moglie Maria Teresa Leuci.
Gli approfondimenti investigativi che costituiscono lo sviluppo di un’attività svolta nel 2019 dalla D.I.A. conclusasi con la confisca di beni per un valore di Euro 456.600,00, hanno disvelato, altresì, l’esistenza di un consolidato “sistema” in base al quale il commercialista operava numerosissimi prelievi di contante e bonifici dai conti delle società di cui era amministratore, alcuni dei quali giustificati come pagamento di fatture emesse dalla moglie commercialista – Maria Teresa Leuci – anche se mai autorizzate da parte del giudice delegato.
L’attività è risultata particolarmente complessa in quanto si è proceduto all’analisi di un elevato numero di rapporti bancari di cui l’indagato aveva la disponibilità in qualità di amministratore giudiziario e di una moltitudine di operazioni eseguite dallo stesso.